Appuntamento imperdibile questo di “Love From London”, nuovissimo registrato di Robyn Hitchcock, appena sessantenne e con sempre quella sterminata volontà ““ tra l’altro perfettamente riuscita anche questa volta ““ di porsi sempre una tacca in più oltre le visionarietà del rockerama, l’ennesimo mid-sweetnesss stralunato e sghembo gioco a rimbalzo di un carattere paisleyano che confina coi i pianerottoli di un Barret metafisico e pop.
E con questo fanno diciannove i lavori in studio dell’artista anglosassone, lavoro che ci porta lontano dai tempi della sua “infanzia” con i Soft Boy, ci fa ricordare i suoi tempi recenti con le sperimentazioni di gruppo (vedi Venus 3), e che va subito a rappresentare la parte più originale di una “seconda giovinezza” decisamente più pensante e con prese rapide di coscienza, tanto che Hitchcock allunga pensieri su fattori ambientali, della natura e di un globo infestato da economie facilone e furbastre, forse una responsabilità interiore scoppiata di recente.
Come a disilludersi o scongiurando scenari catastrofici, il suono medita, scatta, si fa beat o indugia in una decisa atmosferizzazione uditiva buona e orientata per orecchie “camp”, dieci tracce adattissime a stati d’animo presi nel momento di rilascio tensione, e su tutte comunque svetta la grazia meticolosa di un artista, di un ex “enfant prodige” che non seleziona flussi accattivanti o infinocchiamenti radiofonici, bensì ancora una volta fa il punto della sua situazione umana e di quella che lo circonda, e poi nascono dischi come questo, un viaggetto, un bel pezzo di strada asfaltata tra sogni e realtà condivisa.
Sessant’anni non sono molti ma nemmeno pochi, una via di mezzo in cui possono crescere nuove creatività e come a non demordere al giro di boa, Hitchcock si confessa ad un pianoforte “Harry’s song”, si incammina sulle strisce pedonali della Abbey Road “Stupified”, fa un bel giro di shake “Devil on a string”, “Fix you” per finire a sculettare in un bellissimo tramonto Bowieano “End of time”, tutte mosse sonore che ““ elegantemente ““ portano questo nuovo disco a smaliziarci ancor di più e alzano l’arte di questo menestrello attempatello ad una nuova e splendida modalità anagrafica.