4AD può dirsi un’etichetta fortunata, o quantomeno lungimirante, visto che nei primi mesi di quest’anno ha prodotto tre delle novità più interessanti nel panorama musicale indie, e sto parlando di Inc., Indians e Daughter: quest’ultima stiamo per presentarvela.
Prima progetto solista, poi trio, Daughter è una filosofia di vita, che ha i suoi maggiori e presto non unici esponenti in Elena Tonra (voce e chitarra), Igor Haefeli (chitarra) e Remi Auilella (batteria). Insieme danno vita ad un racconto concettuale sulla separazione. Le liriche son impregnate di tristezza e freddo sin da “Winter”: And we were in flames, I needed, I needed you / To run through my veins like disease, disease / And now we are strange, strangers. L’inverno arriva a schiacciare tutto ciò che di bello c’era prima. Tutto. Pericolo affogamento. Pericolo di non trovare più un senso per vivere: I sometimes wish I’d stayed inside my mother, never to come out (“Smother”). E poi, come Elena canta in “Youth”, se respirate ancora, se sanguinate ancora, se siete ancora innamorati, siete voi quelli fortunati.
Un concept anche musicale, senza cambi di rotta, perchè all’inizio si da l’imput e poi non c’è scampo, non sono ammesse pause riflessive, non sono ammesse variazioni al tema. Arpeggi che navigano linearmente su tambureggi alla Bon Iver, il tutto delayato e diluito in OGNI canzone, con il rischio di perdersi tra i meandri della mente di questi tre ragazzi. Una filosofia che stordisce. A volte minimalista nel suo proporsi, come nel tema iniziale di “Youth”, che ricorda molto Keaton Henson, maestro della chitarra elettrica in questo senso; a volte acustica un po’ pazza, con “Human” (primo tentativo di risurrezione, sia musicalmente che a livello compositivo: Underneath the skin there’s a human / Buried deep within there’s a human / And despite everything I’m still human, ma prontamente inibito con un arrendevole But I think I’m dying here).
Per i cultori di questo genere “If you leave” sarà il classico album nella classifica di fine anno alla posizione 7 o 8: richiami strumentali agli XX, somiglianze vocali con i Florence and the Machine, un brodo rock primordiale. Per gli amanti del indie folk rock più schietto stile Justin Vernon, beh”… difficilmente troveranno dei singoli che possano rimanere nella storia, difficilmente riusciranno ad emozionarsi. Almeno non nella versione studio, aspettando di sentirli live.
Certo, è sempre triste quando finisce qualcosa, e “If you leave” lo rimarca per tutto l’album. Sicuro è che il trio inglese non ha sbagliato il titolo: difficilmente può essersi confuso con “If you LIVE”.
Che ne dite, Daughter, meglio andare avanti, no? Ci aspettiamo grandi cose da voi.