Nato come un progetto puramente live, “Amok” è il debutto degli Atoms for Peace, supergruppo che nasce dalla progenie creativa di Thom Yorke, accompagnato da Nigel Godrich, Mauro Refosco, Joey Waronker e Flea. La leggenda narra che sia stato registrato in soli 3 giorni (con dischi come questo, c’è sempre una leggenda): We were at Flea‘s house. We got wasted, played pool and listened to Fela Kuti all night ricorda placidamente Thom Yorke davanti ai microfoni di NME.
Atoms for Peace si discosta nettamente dal progetto “The Eraser” del lontano 2006; nonostante ciò, sono chiaramente riconoscibili gli echi degli ultimi-Radiohead in brani come il singolo “Default”. “Amok” si sviluppa nel tentativo di mantenere una fludità di fondo, e farla andare a braccetto con la strabordante natura della musica elettronica. E diciamocelo, trovare l’organico nell’elettronico non è facile.
Il disco gioca su una continua sovrapposizione di livelli: al drone, il synth e le tastiere si sovrappongono rispettivamente richiami afrobeat a là Fela Kuti (“Before Your Very Eyes”) e le atmosfere trip-hop di “Stuck Together Pieces”, risultando a tratti persino ballabile – probabilmente il tipo di ballo in cui si scatenerebbe solo Thom Yorke (per chi si fosse perso il teaser di “Ingenue”).
Nonostante il sostrato elettronico costituisca la spina dorsale del disco, suggerendo una tensione malinconica tipica della synth-wave, il suono tende a vacillare verso un hypno-funk anni 80 (contributo inaspettato ma piacevole di Flea, che da il meglio di se in “Reverse Running”) che la industrial doom-apocalittica di colleghi quali Lust for Youth. Il ridultato tenede quasi a mascherare la cupezza dei testi: paranoia e apatia immancabilmente accompagnati dal falsetto di Yorke si riducono in nenie cacofoniche udibili tra sussurri elettronici, in veri e propri mantra (the will is strong / but the flesh is weak), fino ad aprirsi ad un inaspettato sentimentalismo con “Ingenue”.
“Amok” è un disco tendenzialmente ambizioso, e pertanto per nulla facile, eppure nel suo modo di creare un punto di incontro dove sembrerebbe impossibile trovarlo, è in grado di affascinare. Elettronico, a tratti dissonante, e persino un po’ funky e ballerino, il nuovo Thom Yorke piace.