Con ben 130.000 download dell’ultimo disco, il duo losangelesino dei The Milk Carton Kids, Joey Ryan e Kenneth Pattengale, non ci hanno pensato due volte a dare alle stampe un terzo lavoro discografico, anche col senno di poi che certe occasioni raramente danno replica, e “The Ash & Clay” arriva a suggellare il successo riscosso da questi due ragazzoni americani che, a cavallo di un indie-folk sognante, scremato su visioni tenere e bucoliche, tanto che due brani in scaletta sono stati scelti da Gus Van Sant per il film Promise Land con Matt Damon e John Krasinsky, fanno viaggiare stando fermi, donano quella pace interiore privilegiata come un posto in prima fila nella libertà dei grandi spazi yankee.
E’ una registrazione durante la quale niente è stato programmato nel senso di profondamente “radicato” o scritto nella ragion d’essere folk strettamente nel “folk”, o ancor peggio di far risaltare questi brani in una manciata di qualcosa di risputo, ma una tracklist scritta per fare breccia sugli ascolti, che ridesti l’ascoltatore dal torpore con cui è oramai assoggettato dalle “non più proposte” musicali e per finalmente riprendere quel lungo e bel mènage con la delicatezza del cantautorato folk, quelle deliziose “americanate” col fiore in bocca ed il vento sulla faccia, quello dei campi verdi e gli odori dei watermelon succosi che ti assalgono le narici.
Con Simon & Garfunkel, Everly Brothers (per un certo passato) e i Turin Brakes (per il contemporaneo) in qualche parte della loro necessità di suonare e cantare, il duo ““ fra commozione e mito ““ mettono in fila queste dodici canzoni splendide ed emblematiche, anni Sessanta e anni Zero che si corteggiano con il sorriso timido delle cosa fragranti, la sconfitta e la rinascita di una generazione che ha sognato e che sogna cose “larghe” su cui muoversi e lottare; i piccoli brividi di “Snake Eyes”, “Years gone by”, la titletrack, la bellezza stravolgente di “Promise land”, il bighellonare soffice “On the mend” e uno strano James Taylor che fa cu cù in “Memphis”, sono il mezzo per lo stupendo fine di sognare con gli orecchi aperti e il cuore che batte più in sordina per delicatezza.
Capolavoro sottovoce.