C’è una scena in “Annie Hall”, in cui Woody Allen definisce Sylvia Plath una interesting poetess whose tragic suicide was misinterpreted as romantic by the college girl mentality: non posso farci molto, ma ogni volta che qualcuno la cita (anche quando potrebbe benissimo evitarsi la fatica), ecco che questa scena mi torna in mente.
E, ovviamente, è successo anche con “All my love in half light” di, appunto, Lady Lazarus, quando ho dovuto fare i conti con un sentimento banale di attrazione e noia, perchè usare il titolo di una delle poesie più famose della poetessa suicida per eccellenza è quasi stucchevole, è quasi ingenuo, è quasi un rubare i tuoi santi e appuntarseli sulla giacca. Dovevo sentire un’altra ragazza che mi raccontava una sorta di out of the ash | I rise with my red hair | And I eat men like air?. Mettici anche il packaging: confezione cucita a mano, artwork ad hoc, liner notes e poesie ““ mancano solo i fiori seccati tra le pagine di Ariel per completare il quadro descritto da Alvy Singer. Ma forse non è un problema: se si è ancora in una fase in cui la college girl mentality si condivide, oppure si decide (e si può fare senza difficoltà ) di ignorare tutto questa storia, “All my love in half light” è buon disco ““ che poi è tutto quello che conta.
Melissa Ann Sweat viene dalla California ““ e sembra che arrivi da quella stessa America che ci regala cantanti come Grouper, EMA e le altre, per certi versi dalla stessa nazione di una Chelsea Wolfe più sentimentale e meno gotica ““ un’America di ragazze che creano bella musica e che non si vergognano di dire certe cose, che tirano fuori suoni da certe profondità che non si sa se si tratti di abissi oceanici o di abissi interiori.
Le nove tracce di “All my love…” assomigliano tutte a una versione drone di canzoni per piano e confessional poetry. Come se suonando al piano Melissa Ann Sweat avesse intercettato le interferenze di Liz Harris e il suono che ne usciva fuori le fosse piaciuto così tanto da decidere di tenerlo, anche se forse non è quello a cui si mirava ““ l’errore incalcolabile che migliora la resa. “Constant apples”, ecco, ne è un esempio perfetto: quella del drone folk è un’influenza di lontano, che si decide di mantenere, ma che non è poi così intima.
“Lapsarian”, con cui si apre il disco, è forse la migliore prova per questa musicista di Los Angeles, la prova con più scarto rispetto al resto: suoni sovrapposti, una voce che si fa strada in mezzo a queste fragili pareti, una musica nuda che riempie una stanza. Lo stesso trattamento hanno tracce come “Goundunov” e “Wonder, Inc.” – ma la magia non riesce a compiersi per le altre canzoni, l’interferenza di Grouper (chiamiamola così) si perde, la connessione è debole e la scena si mostra per quello che è ““ una stanza vuota, con solo una ragazza al piano e una storia poi non così interessante da raccontare.
E sì, le canzoni, si assomigliano tutte un po’ troppo, si dovrebbe aggiungere: qui sta il maggiore difetto di Lady Lazarus, l’incapacità o non volontà ““ non riesco a capire ““ di uscire da uno stesso stile, sono tutte variazioni di una stessa canzone, bella e indefinibile, ma che non sa andare poi oltre, confinata in una scala ridotta e prevedibile. Come un discorso che prova a parlare d’altro, ma parla solo di sè.
Ci sono dei giorni che penso che mi dovrei scrivere la frase di Alvy Singer sullo specchio del bagno: un memento contro l’autocompiacimento, un post it per riconoscere il momento in cui ti appropri di vite che non sono tue, una guida per disconoscere i tuoi santi. E soprattutto un modo per ricordarsi che paragonare il tuo dolore a quello di una persona che ne ha scritto non lo nobiliterà , perchè è vero che c’è chi può parlare ““ e farlo meglio ““ al posto tuo, ma che è riduttivo, che non tutti i frammenti di un discorso d’amore sono compatibili con la forma del tuo, che non tutti i frammenti di un discorso ““ ecco, soprattutto ““ parlano d’amore.
- Website
- BUY HERE
2. Goudunov
3. Wonder, Inc
4. Eventide
5. Edge
6. Argosy
7. Costant Apples
8. Do not go gentle
9. Gleam