Vecchio e consunto clichè: dire che una band prosegue per la propria strada mantenendo il proprio stile ma diversificandosi col passare dei dischi. Vecchio e consunto clichè, ok, ma permettetemi di tirarlo fuori per i Phoenix. Il loro è un percorso continuo, coerente nel mantenere un profilo pop, seppur con una diversificazione (non parlo di miglioramento perchè già all’esordio si mostravano come belli e fatti) inesorabile partita da quel singolo tormentone “If I Ever Feel Better”, e giunta ora al quinto album dopo lo splendido “Wolfgang Amadeus Phoenix” di quattro anni orsono.
Il titolo non inganni: in “Bankrupt!” i Phoenix non cantano di massimi sistemi. Del resto non lo hanno mai fatto, è sempre andato benissimo così, continua e probabilmente continuerà ad andare benissimo così. L’insostenibile leggerezza del pop, ecco cosa sono i Phoenix. Freschezza e solarità che squarciano cieli grigi (la copertina in stile New Order-“Power Corruption And Lies” lo esplica forse involontariamente), pop songs pressochè perfette senza scadere in facilonerie da heavy rotation in grosse radio. In un mondo perfetto, in realtà , i Phoenix ci sarebbero eccome in heavy rotation, ma forse si tratta di un problema solo italiano e non mi sembra il caso di approfondire qui la questione.
Ad ogni modo, la nuova fatica della cricca del signor Coppola come suona? Come un “Wolfgang”…” che ha preso il borsone ed è andato in palestra. Synth è più bello, lo avevamo già capito con le varie “1901”, “Fences”, “Love Like A Sunset”; qui l’elettronica non prende il sopravvento: anzi le chitarre sempre più à -la Strokes-bei-tempi son ben presenti, ma è ormai questa la cifra determinante dei quattro stilosoni francesi (“The Real Thing”, “Drakkar Noir”). Pacchianeria? Ad un primo approccio potrebbe sembrare, ma man mano che le tracce vanno in loop nel lettore, lo fanno anche nella testa dell’ascoltatore. Potenziali singoli, tutti (ecco, tranne la prima parte della titletrack, approfondimento della già citata “Love Like A Sunset”): altro trito clichè, ok, epperò questo sono i Phoenix. Quel gusto tutto francese per la melodia e il ritornello killer, per gli intarsi sintetici che ti catapultano direttamente in mezzo ad un party in maschera a Versailles, si ripetono anche in “Bankrupt!” facendone una macchina inesorabile sforna-motivetti che ti risuonano nel frastuono dei mezzi pubblici così come quando la mattina ti alzi e fuori c’è (finalmente) il sole. Prendiamo “I’m Tryng To Be Cool”: solite rimette da sfigato in amore (Cool, I’m just trying to be cool. And it’s all because of you) in atmosfera briosamente danzereccia; funziona. Ecco, brio è un’altra parola chiave del nuovo corso di Thomas Mars e soci: “Entertainment” esplode come un pesco in fiore, “S.O.S. In Bel Air” mostra a Casablancas cosa sarebbe potuta diventare la sua creatura, mentre con “Chloroform” ci avviciniamo a lande left-field-hop e “Don’t” condensa in poco più di tre minuti detonazioni tastieristiche, pulsazioni electro e cambi di mood. Non ci viene risparmiata neanche la ballatona cinematografica (“Bourgeois”), prima della chiusura del cerchio sugli arpeggi conclusivi in fade di “Oblique City”.
“Bankrupt!” riesce ad essere non leggerissimo come il suo predecessore ma tuttavia fresco nonostante questa nuova strumentalità muscolare, elegante nonostante giochi spesso sul limite del kitsch e del barocco. L’unico dubbio, come un po’ tutti i dischi della band francese, verte sulla longevità . Time will tell. In ogni caso, il french touch torna nelle nostre orecchie per alleviare le fatiche quotidiane.
La metro è arrivata alla stazione di destinazione, sei in strada frastornato dai clacson, respiri anidride carbonica a pieni polmoni, un tizio all’angolo ti chiede qualche euro per “prendere il treno e tornare a casa”, oggi come ieri e da giorni e giorni, e una nuova giornata di università /lavoro di attende. Ma tu c’hai un sorriso bello grosso stampato in faccia, una faccia che pare proprio tonda proprio “‘na pesca bella matura.
[Postilla: si consiglia di recuperare la performance del primo weekend Coachella.]
Photo credit: Shervin Lainez