Credo di aver già confessato su queste pagine la mia passione viscerale per zombie nelle cultura pop, che siano quelli classici in stile Romero oppure quelli veloci e letali o anche i protagonisti di commedie horror di culto come Zombieland o Shaun Of The Dead. Per cui è con grande curiosità che mi sono avvicinato a questa produzione inglese a cura della BBC che ne stravolge la chiave di lettura, inquadrandoli secondo una prospettiva inedita. La storia raccontata è quella che avviene dopo “il risveglio” con cui, per cause non specificate i morti sono venuti fuori dalle proprie tombe ed hanno iniziato ad azzannare la gente. Non vengono spiegati i motivi di questo fenomeno, e forse non ce ne sono di specifici, ma la chiave innovativa della produzione è inquadrare il tutto in una chiave riabilitativa. Con speciali trattamenti medici gli zombie sono curati e tornano alle proprie facoltà mentali, anche se fisicamente il processo sembra irreversibile. Il trattamento medico deve essere quotidiano onde evitare che il cervello vada in putrefazione e il “riabilitato” possa tornare a nuocere il prossimo. Prima di essere reinseriti nella società e riaffidati alle proprie famiglie, intraprendono un persorso che come ultimo passo necessita di un potente make up per ripristinare un aspetto quanto più “vivo” possibile.
Ecco, descritta così potrebbe sembrare qualcosa di grottesco ai limiti del ridicolo e invece siamo di fronte ad un prodotto ben confezionato, abbastanza profondo e con intenti non solo di intrattenimento. Quello che viene affrontato è, anche se in un modo trasversale, il tema delle discriminazioni. L’idea che gli zombie siano semplicemente dei malati gravi, per quanto pericolosi, mette di fronte al dilemma della scelta tra pulizia etnica, quindi il mero sterminio, oppure il recupero fisico e sociale degli individui tornati dalla morte. Il tutto viene raccontanto in soli tre episodi seguendo le vicende di Kieren Walker, un ragazzo di Roarton (Lancashire) che viene recuperato e riportato all’affetto dei propri cari. Lui sente il peso dei crimini commessi quando aveva perso il controllo delle proprie facoltà , inoltre soffre del fatto di essere tornato dopo aver lasciato la famiglia con un suicidio. In un certo modo deve confrontarsi con una scelta, di debolezza o di coraggio, che avrebbe dovuto essere definita e che in un modo tragico e bizzaro non lo è più.
Quello degli zombie è solo un pretesto per affrontare certe tematiche più alte, nascoste in una confezione che ha non ha per niente un retrogusto da popcorn movie. Le atmosfere sono grigie, in perfetto stile british, il mondo non è in decadenza come in The Walking Dead, ma le ambientazioni da provincia inglese non sono certo un luna park di colori. L’unico difetto che possiamo imputare alla produzione è una certa parsimonia nel numero di episodi che, se aumentato anche solo di poco, avrebbe potuto permettere uno sviluppo maggiore di alcuni personaggi e di situazioni. Un prodotto che si prende dei rischi e lo fa col coraggio di chi non ha paura di osare. Dagli inglesi ci si può aspettare di tutto, neanche questa volta deludono le nostre aspettative.