Per adesso la chiameremo the miseducation of mademoiselle Holter.
Un pomeriggio qualsiasi della scorsa estate avevo salutato “Ekstasis” con la parzialmente riduttiva definizione di “una Grimes che ha letto troppa Jane Austen“: era un po’ vero, un po’ falso, ma come altro definire un disco registrato dentro la camera di una ragazza così sofisticata e evanescente? Anche i tratti più spigolosi riportavano a una stessa estetica fatta di libri per ragazze troppo intelligenti e belle per essere gestite con facilità . Le Cocorosie ma senza la paccottiglia infantile, perchè se penso a Julie Holter mi immagino una ragazza un po’ severa, dall’impeccabile istruzione; qualcosa di simile a Rhosyn ( ), insomma.
Con questo nuovo album, uscito ad Agosto per la Domino, Julia Holter esce dalla sua cameretta e esplora la città , piuttosto letteralmente. O letterariamente, dovrei dire, dato che ““ e lo ha ammesso lei ““ “Loud city song” si ispira a “Gigi”, di Colette, un’opera che, tanto per gradire, parla dell’educazione sentimentale di una ragazza fatta crescere sotto una campana di vetro che improvvisamente si ritrova adulta e inaspettatamente attraente. Insomma, il disco sperimenta di più, esce da un immaginario già troppo detto, ma l’impronta ““ sofisticata, elegante, intellettuale in modo gradevole e delizioso, da manuale per giovani ragazze ““ di Julia Holter rimane la stessa.
Si apre con “World”, che non si discosta molto dalle sonorità di “Ekstasis”, ma già dimostra una maggiore apertura: meno musica da camera e accompagnamenti più forti; già con “Maxim’s I” inizia la miseducation di m.lle Holter.
“Loud city song” è un titolo più che azzeccato per una raccolta del genere: si tratta davvero delle sonorità di una città , notturna, piena di locali dove suonano buona musica (jazz, anche solo per l’atmosfera sofisticata che trasmettono), una città seducente e tentatrice delle brave ragazze che vi si avventurano per la prima volta, una città che si riflette negli occhi della Holter. Prendiamo “Horns surrounding me”: sembra esattamente questo, una ragazza che si avventura fuori casa per la prima volta, schiva amanti e taxi, tra le luci che rendono la città più bella che mai. Il disco diventa via via più sicuro, le sperimentazioni maggiori ““ come se prendesse confidenza con un mondo che non è poi più spaventoso di quello chiuso tra le mura di una cameretta, dove i mostri si nascondono sotto il letto. Le macchine passano accanto a Julia mentre canta una delle perle del suo album ““ solo 9 tracce, ma piene di grazia ““ “Hello stranger”: potrebbe essere la cantante di uno dei locali a cui prima passavamo solo di fianco, bella e intoccabile, come dovrebbe essere la “Gigi” di Colette, educata per non doversi sposare.
è “Maxim’s II”, a mio avviso, la traccia che maggiormente trasmette la nuova cifra stilistica della Holter. Torna alle sonorità che ben conosciamo nelle ultime tre tracce (ma “City appearing”,ultima canzone, è invece ancora su questi toni), ma ben più ricche, miseducated nella misura che conviene.
E se, dopo una passeggiata in mezzo alle luci della città che difficilmente pare aver intaccato la sua compostezza e buone maniere, Julia Holter torna a casa, allora lo farà più bella e meno innocente. E non aspettavamo altro.