A volerla dire tutta, ho sempre trovato i Nine Inch Nails un pizzico sopravvalutati. Quella parvenza di sperimentalismo, che album come “The Fragile” o “And All That Could Have Been” sembravano lanciare tra le fauci ripulite della già morente MTV (e della sua penosa “‘generazione’), mi sembrava poco più di una bislacca riedizione di suoni già magistralmente sdoganati da qualcun altro ben prima di loro. Dai Ministry o dai Coil, ad esempio, con l’aggravante artistica, nel caso dei Nine InchNails, di chitarre orribilmente compresse appesea una pallida estetica industrial che rendeva il tutto un ibrido per me poco elegante. Di qua i Devo, i Laibach, Throbbing Gristle e Einstà¼rzende Neubauten. Di là Nine Inch Nails, Filter e Cop Shoot Cop.
Eppure la musica di Trent Reznor si è evoluta pur restando ferma sulle sue certezze; l’uomo hamodellato il suono fino a protenderlo nell’ambient nelle sue derivazioni soliste (“The Social Network OST”) o in una moderata sperimentazione quando si è trovato alle prese con collaborazioni (How To Destroy Angels e, potenzialmente, i Tapeworm). Ma la sostanza è rimasta invariata e lo stile, ancora oggi,stagiona ma non invecchia; perdura nell’ibrido e non cede ai compromessi. Peccato, forse.
I quattro anni passati a girare per piccoli club con gli How To Destroy Angels, insieme alla moglie Mariqueen Maandig, Atticus Ross e Rob Sheridan, hanno sicuramente contribuito alla composizione di un album, questo “Hesitation Marks”, che sembra scindere la band dal suo passato, seppur, ancora una volta, in una maniera non traumatica ma mediata dallo stile e dalla storia dei Nine Inch Nails. In tempi come questi non c’è spazio per le epiche produzioni del passato e gli eccessi sonori di grana grossa ai quali la band di Reznor aveva abituato i suoi fans. “Hesitation Marks” è, al contrario, un album fatto di dettagli, di metafore sottili, di accenti ritmici accennati quasi a volerli preservare e usarli laddove l’enfasi appare davvero richiederli.
Ogni traccia dell’album sembra assemblata con laptop e cuffie; l’elettricità del medium luminoso del passato, del parossismo circense di due decadi, oggi alimenta una ventola. A guadagnarne è sicuramente la composizione che, su un lavoro tanto “‘pensato’ sembra finalmente assurgere al ruolo di soggetto e non più oggetto plasmato attorno alla melodia portante. Gli “‘hesitation marks’ sembrano rappresentare i dubbi di Reznor. “Sono questi i Nine Inch Nails?”. “Sono ancora questi i Nine Inch Nails?” sono domande che ci si pone approcciando i 30 anni di servizio e i 50 di esistenza. E una risposta la forniscono momenti che riportano alla luce ““ per poco, ma va bene così ““ le vecchie abitudini (“Everything” e spunti sparsi qui e lì). Ma il responso vero e proprio è la loro assenza sul resto delle tracce.
La sensazione è che ci si trovi dinanzi a un album solista sotto mentite spoglie. Che la vera differenza, qui e soprattutto qui, la faccia quel logo in copertina e un sano preconcetto attraverso cui filtriamo le sensazioni e la musica. “Hesitation Marks” è un album dei Nine Inch Nails che racchiude l’evoluzione del suono della band in maniera naturale e coerente. è un compendio di stili con una metà volutamente più accessibile (in sostanza ogni singola traccia è già stata suonata live in passato) e un’altra, la seconda, meno immediata e forse più intimista. Venendo da un altro pianeta, e non conoscendo la storia della band, un alieno definirebbe questo TrentReznor un timido, un artista attentissimo a schivare la tentazione di voler piacere ad ogni costo (“With Teeth”?), un nerd che perde la grande occasione di diventare un eroe perchè isolato tra le cuffie e il monitor, tra l’ispirazione e il resto del mondo. La dimensione fortemente elettronica dell’album, d’altronde, non fa che confermare quest’impressione.
Non certamente un album sperimentale, coraggioso, furbo. I am just a copy of a copy of a copy/ Everything I say has come before, enuncia il frontman al principio, quasi scusandosi. Esitazione è indecisione, incertezza, insicurezza, dubbio, perplessità , tentennamento, indugio. Quando è in musica, suona pressappoco così.
Credit Foto: NIN (CC BY-NC-SA 2.0)