Roy Harper è il Bob Dylan britannico. Un’istituzione, anche se a pochi verrebbe in mente di citarlo accanto alla Union Jack, al cricket e ai cagnolini della regina. In quasi cinquanta anni di onorata carriera questo schivo e lunatico troubadour con la chitarra a tracolla ha accumulato dischi su dischi, inanellando collaborazioni illustri (con i Pink Floyd, Paul McCartney e Kate Bush giusto per citarne alcune). Musicista di poche parole, che però finiscono per essere sempre quelle giuste, politicamente impegnato da tempo immemorabile, molto prima che diventasse una moda, si è guadagnato la stima di colleghi “vecchi” (i Led Zeppelin gli hanno dedicato la loro “Hats Off To (Roy) Harper”) e nuovi (Joanna Newsom e i Fleet Foxes in testa). John Peel è stato per anni un fan d’eccezione, tanto da chiedere espressamente che “When A Old Cricketer Leaves The Crease”, tratta dall’album HQ, venisse suonata al suo funerale.
“Man & Myth”, prodotto da Jonathan Wilson, è il primo disco di Roy Harper in tredici anni. Pensava di aver chiuso con un mondo (quello della musica) che lo aveva sempre un po’ snobbato. Ormai credeva di essere andato in pensione, impegnato a piantare alberi nella verde Irlanda, invece ha sentito il bisogno di tornare a scrivere e a comporre. Cercando di fare i conti con il tempo che passa (“Time Is Temporary”), con quella faccia attempata riflessa nello specchio, così diversa da se stesso eppure così uguale, con gli amori lasciati e persi (“The Stranger”, “January Man”). Ma non è rassegnato nè pronto a cedere, Roy Harper. Anzi, è piuttosto arrabbiato e non lo nasconde, da buon bastian contrario quale è sempre stato. “Cloud Cuckooland” e “The Enemy” hanno lo spirito del puro folk di protesta, brani ironici e affilati che criticano spietatamente una lunga serie di personaggi che Harper proprio non sopporta (banchieri, politici che pensano solo alle guerre, star dei reality show, social network, giornali) e ad affiancarlo down in “Cuckooland” c’è un certo signor Pete Townshend, amico, ammiratore di lunga data e ospite gradito. Dopo essersi tolto qualche soddisfazione (e molti sassolini dalla scarpa) Mr. Roy diventa più tranquillo, intimista. Affronta di petto la sofferenza e la mortalità in “Heaven Is Here” e “The Exile”, che in fondo sono due parti di una stessa, lunga canzone.
E’ un uomo che cerca di ragionare Roy Harper, di riflettere, di capire. Un uomo capace di gridare con forza ma anche di emozionarsi come un ragazzino dai capelli bianchi. A settant’anni suonati ha ancora tanti sogni, molte domande e poche risposte. Il suo è un folk rock venato di blues e jazz, dall’animo battagliero spesso ingentilito dagli archi. Feroce e delicato, che ferisce con le parole e consola con le note.
2. Time Is Temporary
3. January Man
4. The Stranger
5. Cloud Cuckooland
6. Heaven Is Here
7. The Exile