Gli Earthless sono dei viaggiatori instancabili, maratoneti dello stoner rock con una passionaccia per la psichedelia giapponese più estrema e il garage anni sessanta. Le chilometriche jam tutte strumentali che il batterista Mario Rubalcaba (OFF, Rocket From The Crypt) il bassista Mike Eginton (Electric Nazarene) e il chitarrista Isaiah Mitchell (Howlin’ Rain, Nebula, Drunk Horse, Golden Void) creano da ormai undici anni difficilmente si piegano ad essere immortalate su disco. Troppo gigantesche e monumentali per finire comodamente racchiuse in un solo pezzetto di plastica o compresse in un misero file MP3. E infatti “From The Ages”, terzo lavoro di studio dopo “Sonic Prayer” del 2005, “Rhythms From A Cosmic Sky” del 2007 e di “Live At Roadburn” del 2008, è un album doppio con la copertina ideata da Alan Forbes (il preferito di Queens Of The Stone Age e SWANS).

Sembrano sempre delle istantanee i dischi del terzetto di San Diego, fotografie mai uguali a se stesse che catturano e imprigionano nell’ambra un lungo momento nel tempo e nello spazio. Un evento, un’emozione, un viso intravisto per caso tra la folla e poi perso, di cui gli Earthless si gettano tenacemente alla ricerca passando indenni attraverso mille paesi dalla lingua sconosciuta. Sfidando la violenza degli elementi in “Violence Of The Red Sea”, con le sue chitarre che guizzano come serpenti velenosi in fuga da un incendio mentre schegge elettriche impazzite e fiammeggianti li inseguono, per poi farsi un giro nella terra dei canguri e tornare indietro a mani vuote ma con le dita sporche della terra rossa di “Uluru Rock” (ispirata alla e dalla famosa Ayer’s Rock australiana). “Equus October”, titolo che fa riferimento a un sacrificio rituale che gli antichi Romani tributavano al dio della guerra Marte, con i suoi quasi sei minuti rischierebbe di avere il poco ambito ruolo di vaso di coccio tra i vasi di ferro rispetto ai quasi quindici di “Violence Of The Red Sea”, ai quattordici di “Uluru Rock”. Invece vive di vita propria e si ritaglia un ruolo di rilievo, evocativo e psichedelico, trasportando col suo piglio orientaleggiante verso l’ultima fermata del viaggio.

Un viaggio che termina in crescendo con i trenta minuti di “From The Ages”, che già  aveva fatto la sua baldanzosa comparsa su “Live At Roadburn”, ma che qui sembra possedere nuova linfa vitale e conduce su per i gradini finali del disco con la potenza di un’improvvisa tempesta di sabbia nel deserto. Non è un album che va per il sottile, “From The Ages”. Impetuoso, aggressivo, trascina via e trasporta lontano. E non lascia scampo alle orecchie più attente.

From The Ages
[ Tee Pee – 2013 ]
Genere: folk, songwriting, country
Rating:
1.Violence of the Red Sea
2. Uluru Rock
3. Equus October
4. From the Ages