Joe Doucett è un lavoratore come tanti che non trova stimoli in quello che fa e preferisce l’alcool a molte altre cose(compreso il mantenimento della figlia), una notte però viene rapito da alcuni sconosciuti e rinchiuso in una stanza d’albergo per vent’anni.
Joe dall’interno della stanza vedrà  tutti gli accadimenti del mondo esterno tra cui l’accusa di omicidio della moglie.
Uscito da questa camera d’albergo si trova di fronte il rapitore, il quale gli propone libertà  (facendo cadere le accuse di omicidio) e un incontro con la figlia in cambio di due risposte.
Il perchè Spike Lee si sia spinto così lontano dai suoi terreni abituali è un mistero, per di più girando un remake di un film che rasentava la perfezione e del quale proprio non si sentiva la necessità  a una distanza così breve.

Questo “Oldboy” è piuttosto scialbo e decisamente meno visionario dell’originale (nonostante una buona regia), si pone più come uno dei tanti thriller americani sulla vendetta e sulla redenzione, in cui è totalmente assente la linea estetica d’iperrealismo su cui era fondato il capolavoro coreano e che a posteriori pare la scelta più adatta a rappresentare un manga.
Un paio di cose buone però non mancano come la parte della prigionia del protagonista, molto ben curata(forse anche meglio dell’originale),che restituisce una sospensione atta a far perdere qualsiasi traccia temporale e rende molto efficace la sensazione di sofferenza e oppressione che Doucett deve subire.
è efficace anche l’assoluta novità  di una critica al potere della televisione, accusata di far credere alla gente tutto ciò che passa sullo schermo.

Ma le note positive finiscono qui ed entrano in campo gli enormi demeriti di Spike Lee e Mark Protosevich.
Partendo dal rapporto tra Joe/Brolin e Marie/Olsen particolarmente poco efficace; troppo poco spazio dato al personaggio femminile che viene così “maltrattato ” dalla sceneggiatura e non contribuisce a quello che dovrebbe essere uno shockante colpo di scena (anche per chi dovesse già  sapere tutto del film) e una delle fondamenta narrative del lungometraggio.
Josh Brolin comunque è molto bravo a tenere la pellicola sui binari quando la sceneggiatura si fa più debole; è l’anima e il corpo di questo “Oldboy” che nel cast comunque annovera un buon Sharlto Copley, il solito Samuel L. Jackson e una più che sufficiente Elizabeth Olsen.
Ma ciò che più da fastidio nel lavoro di Lee è la mancanza di passione di cui l’originale era pervaso, dalla passione amorosa dei protagonisti, passando per quella per la violenza, per il combattimento e per la famiglia.
Il finale poi non ha nemmeno la metà  della potenza della conclusione girata da Park; sia la parte nell’appartamento dell’antagonista che la successiva sequenza narrativa erano nel film coreano una cosa straziante per il tormento interiore ed esteriore che riusciva a mettere in scena Dae-Su oh, qui invece si rimane totalmente indifferenti di fronte a quelle che dovrebbero essere scelte drastiche.

“Oldboy” rispecchia chiaramente le difficoltà  di Hollywood nel trovare storie nuove e convincenti e che per questo pesca nelle sceneggiature straniere tentando improbabili lavori di revisione.
Quel che rimane è un prodotto che intrattiene, con tratti tecnici sopra la media e chi non avesse visto il film del 2003 potrebbe trovarlo anche molto buono, ma una volta aperto il confronto con il lavoro originale ci si accorge troppo facilmente che questo remake manca di potenza visiva e di cuore, elementi che hanno reso grande la pellicola di Chan-Wook Park.

Rating:

Regia: Spike Lee
Produzione: Vertigo entertainment, OB Productions,Good universe
Sceneggiatura: Mark Protosevich
Fotografia: Sean Bobbitt
Montaggio: Barry Alexander Brown
Costumi: Ruth Carter
Scenografie: Sharon Seymour, Peter Borck
Colonna sonora: Roque Banos
Con: Josh Brolin, Elizabeth Olsen, Sharlto Copley, Samule L. Jackson, Michael Imperioli, james RAnsone,Lance Reddick
Durata: 104 min









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