Una cosa l’ho capita, della musica italiana. Tende a dimenticare. Non rimane ferma a contemplarsi il proprio complicato ombelico, guarda altrove, scippa. Il rock alternativo in Italia non è quasi mai italiano, e quando lo è troppo spesso non è granchè. è questo che ho capito, ma è un’idea, la mia, e forse sbaglio. Forse no. La premessa è per dire che gli Aemaet sono italiani, perchè tutti sono nati qui, nel sud pontino, più o meno, e fanno parte di quelli che guardano altrove, che scippano. Poco importa, specie se ti capita di guardarli dal vivo.
Quello degli Aemaet è rock coriaceo, lontano dall’imbolsimento che da qualche anno a questa parte ha colpito il genere, mozzandolo di quella carica adrenalinica che l’ha sempre caratterizzato. Questo salvo poche, e troppo spesso solite, eccezioni. Non che sia un male, anche perchè continua ad arricchirsi di sfumature e contaminazioni interessanti. è un fatto.
“Human Quasar” è retto da una sezione ritmica robusta. Da schitarrate tigliose. Dalla voce, vicina per dovere a certo goth nord europeo, che puntella, arrotonda, smussa gli angoli e restituisce melodie mai banali. Ed è impreziosito da una produzione cristallina che ne valorizza l’impatto. Le linee guida sono quelle del grunge post degli A Perfect Circle (su tutte, forse, “Demons of Dawn”), del gothic degli Anathema, dei Paradise Lost e dei Katatonia. E più di qualcosa, nelle linee vocali, di un Dave Gahan incazzato.
Dunque, lontani da certo rock alternativo posticcio, gli Aemaet puntano dritti all’urto, all’impatto fisico, prima che emotivo, e questo succede soprattutto nella prima parte del disco, battezzata “White Matter”, in contrapposizione alla “Black Matter” dell’ipotetico lato b che, al contrario, attenua il contenuto adrenalinico a favore di atmosfere dilatate, tese, oniriche e cupe, con echi neanche troppo taciuti della wave romantica degli Ultravox, o ancora dei Japan.
“Human Quasar” è pure il frutto di un’urgenza espressiva, catalizzata dall’immaginario orwelliano del Grande Fratello, e giocata su forti accenti dicotomici (materia bianca e materia nera, appunto). Da ciò che è reale e da ciò che non lo è affatto, che è sovra-terreno. Dal chi controlla chi al chi è controllato da cosa.
“Human Quasar” è il loro disco di debutto e ha in sè la forza di chi irrompe sulla scena con foga, l’energia di chi ha qualcosa da dire e che per troppo tempo ha taciuto. “Human Quasar”, su Red Cat Records, è un disco italiano, ma solo all’anagrafe. E merita di essere ascoltato.
2. The iconoclasts
3. A boy called Hermes
4. Demons of Dawn
5. Andy the Mothman
6. Sumber
7. The Hangman
8. Shadow
9. Paradoxical Sleep
10. A Shelter from dreams