Era atteso al varco del primo full-lenght il producer inglese Om Unit dopo che una nutrita serie di ep aveva acceso i riflettori sul suo destino e la sua arte: “Threads” è dunque il coronamento di un percorso che, partito nel 2010, ha raccolto numerosi successi e disegnato una traiettoria tutt’altro che banale. Le radici di Jim Coles (questo il vero nome) affondano nel continuum della bass music internazionale, seguendo una linea che congiunge idealmente il suono post-step (ma anche pre) con le propaggini della scena juke/footwork di Chicago. Di quest’ultimo si dà una rilettura tipicamente bianca, anglosassone ed intellettuale, sottolineandone l’ideale parentela con la cara e vecchia drum’n’bass (d’altronde il progetto Phillip D Kick, che è stato forse il vertice estetico e la più completa dimostrazione di questa tesi, era tutta farina del suo sacco).
L’album dunque viaggia su coordinate note, tenendosi più lontano dal dancefloor rispetto ai brevi lavori che lo hanno preceduto: l’impressione è che Om Unit abbia voluto smussare gli angoli del proprio sound, abbia voluto raccogliere ogni tentazione in un concept unico. Ma questa tendenza alla sintesi e alla maturità non sempre funziona: nonostante la maggior parte dei pezzi sia comunque assai piacevole, il risultato appare troppo spesso eccessivamente lezioso e addomesticato.
Le cose migliori arrivano poi nei momenti più impensabili (come per ribadire che il talento non manca affatto): l’hip-hop strumentale di “Healing Rain” viaggia dalla parti di DJ Shadow (un altro che in carriera ha filtrato con la d’n’b e più recentemente con juke e footwork), la successiva “Jus Sayin'” non cambia linee guida ma si fa meno astratta grazie al bel featuring dello sconosciuto mc Gone The Hero. Sono forse le numerose discese in territori etnici a non convincere appieno, a confermare l’idea di un disco troppo vellutato e poco massiccio perchè, per esempio, sul finale, quando si riabbracciano le consuete ritmiche sincopate della drum’n’bass, pare essere tornati ai tempi gloriosi della Metalheadz (storica etichetta che, poco tempo fa, ha pubblicato un ep proprio di Om Unit).
Sono varie le riflessioni che “Threads” spinge in superficie: il disco riesce nel difficile compito di ribadire la maestria del suo artefice, ma allo stesso tempo non è il monolite elettronico che tanti speravano. Om Unit è sì un nome da seguire (mentre scriviamo è uscito un nuovo ep, stavolta gratuito), ma questa volta non è pienamente riuscito a compiere il grande passo avanti. Lo attenderemo alla prossima uscita, nel frattempo continueremo a goderci i vecchi ep e quando di buono quest’album contiene.
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2. The Silence
3. Healing Rain
4. Jus Sayin
5. Drift Interlude
6. Reverse Logic
7. Corridor 2013
8. Nagual
9. Patients
10. Deep Sea Pyramid
11. Wall of Light
12. Jaguar
13. Wicker and Pearl
14. Goveners Bay
15. The Road