Non esiste separazione definitiva fino a quando c’è il ricordo.
Isabel Allende, Paula, 1995
Separazione e ricordo sono due tratti fondamentali nell’evoluzione artistica e personale della
compositrice americana Neko Case: l’urgenza tutta adolescenziale di riscatto e fuga la porta infatti lontano da casa a soli 15 anni, emigrante in una Vancouver, Canada, città attraente e tentacolare che le darà la possibilità di esprimere rapidamente tutta la sua forte e precoce creatività . Dopo una breve parentesi con alcune band punk locali Neko, a soli 17 anni, riesce a pubblicare il suo primo lavoro: “The Virginian” (Bloodshot / Mint Records, 1997), un acerbo meltingpot alt-folk che restituirà forza e fiducia alla giovane e temeraria eroina cresciuta troppo in fretta. Il ritorno in America accompagnato dalla ricerca e dallo studio, oltre che ad una serie di esperienze live, contribuiranno alla sua crescita artistica che la porterà alla realizzazione, dopo circa tre anni, del suo secondo disco “Furnace Room Lullaby” (Bloodshot, 2000): un prodotto più maturo del precedente dove le doti della Case vengono messe a fuoco, cosi’ come la sua voce forte e potente. Intanto la sua fama comincia a circolare sempre più nell’ambiente indie, stringe rapporti forti con musicisti e compositori cominciando a collaborare in più progetti riuscendo cosi’ ad essere notata anche da critici e giornalisti. “Blacklisted” (Bloodshot,2002) e “The Tiger Have Spoken” (Anti,2004) fanno da prologo a “Fox Confessor Brings The Flood” (2006) dove lo stile e la forza compositiva di Neko ottengono una ulteriore sterzata verso territori più indie-pop rispetto al suo debutto. Ma è di sicuro con il successivo “Middle Cyclone”(Anti,2009), nominato ai Grammy e giunto al terzo posto nella classifica di Billboard, che Neko Case assesta un colpo fondamentale alla sua carriera. Un disco maturo, ispirato e strutturato che le regalerà fama e approvazione in tutto l’ambiente musicale e grande eco pubblica e mediatica.
Ma la vita è sempre beffarda e quando meno te l’aspetti ti consegna il conto, senza sconti e mentre il mondo sembra sorriderti d’improvviso il buio del dolore ti trascina con se. Sono anni difficili gli ultimi 4 per la nostra artista che si trova, suo malgrado, a dover affrontare una nuova forte e sofferta separazione: nel giro di pochi mesi perde il padre, la madre e la nonna a cui era legata in maniera viscerale. Lo squarcio emotivo che le si dipana d’improvviso la conduce in un potente e profondo stato di depressione difficile da superare. Ma, come spesso accade, è dalla sofferenza, dal dolore che si ritrova l’energia e la spinta per crescere, per maturare, elaborando il lutto dell’anima con l’unica arma che un artista ha dalla sua: la composizione. E’ questo l’humus su cui prende forma e sostanza il nuovo disco di Neko Case “The Worse Things Get, The Harder I Fight, The Harder I Fight, The More I Love You”(Anti,2013) più che un insieme di canzoni un flusso di coscienza, una auto-terapia per riemergere dalla desolante e sofferta condizione di chi è costretto a fare i conti con la propria vita, con i propri dolori e con la perdita totale e definitiva degli affetti più intimi e insostituibili. “The Worse Things Get, The Harder I Fight, The Harder I Fight, The More I Love You” è un lavoro ben strutturato dove collaborano molti amici della Case che le si stringono intorno per aiutarla e sorreggerla in questo delicato passaggio: da Howe Gelb a Steve Turner dei Mudhoney oltre a M.Ward e a membri dei My Morning Jackets, dei Los Lobos e dei Calexico.
Un album dichiaratamente autobiografico, potente e variegato fatto di ballate languide ma anche di impetuose gemme al limite del rock, una sorta di esorcismo musicale atto a sconfiggere, sopraffacendo, il tetro risvolto della vita e il devastante silenzio che hanno accompagnato Neko in questo periodo. E’ cosi’ che le ballate più struggenti ed evocative come “Calling Cards”, “I’m from Nowhere”, “Local Girls” e “Night Still Comes” colpisco diritto al cuore lasciandoci inermi sotto una tempesta di note ed il suo canto struggente, travolgente e graffiante. Ma la Case non compie l’errore di adagiarsi sulla tristezza e riesce a regalarci così anche canzoni forti e impetuose come “City Swan”, “Bracing for Sunday” cariche di un’energia dirompente e di un temperamento sghembo ed essenziale che restituiscono luce ad un cantautorato semplice e immediato tutto declinato al femminile. “Man”, il primo singolo del disco, è invece un pezzo che rimane a lungo dopo solo il primo ascolto, forse la canzone più marcatamente radiofonica e leggera, agghindata anche dalla presenza reale di M.Ward e dal suono vibrante della sua sei corde, ma che nasconde in se il seme sincero di una compositrice ispirata. La cover di “Afraid”, tratto da “Desertshore” di Nico, è un omaggio sincero della Case ad una eroina della musica riletta e attualizzata in una versione profonda e rarefatta addolcita dalla sua voce che restituisce una nuova primavera ad un pezzo-capolavoro di oltre 40 anni fa. Il disco si conclude con la canzone più marcatamente beatlesiana “Ragtime” dove le note delle trombe di Wenk e Valenzuela, dell’entourage Calexico, mettono il punto ad un lavoro d’eccellenza, mirabile e sostenuto di un’artista che ancora una volta è riuscita a meravigliarci lasciandoci senza fiato.
2. Night Still Comes
3. Man
4. I’m From Nowhere
5. Bracing for Sunday
6. Nearly Midnight, Honolulu
7. Calling Cards
8. City Swans
9. Afraid
10. Local Girl
11. Where Did I Leave That Fire
12. Ragtime