Chi, come me, quando ha visto il titolo si è chiesto cosa c’entri la natura con gli Zen Circus, può sentirsi rassicurato. Niente cambi di rotta new age, nessun paesaggio idilliaco evocato, niente prati verdi”… la natura in questione è quella umana. “Quella che davvero fa paura”. Come sempre. La natura dei ventenni, trentenni e quarantenni di oggi, che si ritrovano a guardare in faccia un mondo spesso deludente, dove nessuno regala niente, nemmeno l’Onnipotente, ma in fondo va bene così. Che si bevono il futuro per non pensarci, che si ritrovano vivi, ma dipende dai punti di vista.
Dopo un 2013 “sabbatico”, eccezion fatta per i progetti solisti del cantante Appino e del batterista Karim Qqru, la band torna con un nuovo album che mantiene lo stile inconfondibile che li caratterizza: testi graffianti e intelligenti, rock energico.
“Canzoni Contro La Natura” è l’ottavo album in studio degli Zen Circus, il terzo interamente in lingua italiana. L’Italia non è più al centro della narrativa come era accaduto con “Andate Tutti Affanculo” o “Nati Per Subire”: la band pisana canta di qui e ora come ha sempre fatto, ma questa volta usa la realtà esterna per analizzare l’eterno scontro fra natura umana e madre natura. Racconta storie metropolitane, tra nonsense e sarcasmo.
Un disco pieno contrasti: dalla psichedelia visionaria di un dio che si manifesta sotto forma di pianta in “albero di tiglio” alla title track dove un “cameo” del poeta Giuseppe Ungaretti ci ricorda che tutti gli uomini sono anormali, contro natura, finoalla poesia realistica e urticantedi “Viva” dove gli Zen cantano Io loso che sono in crisi, senza leggere i giornali, sono in crisi da una vita, forse è la mia natura, anzi penso vivamente che sia proprio una fortuna brano che apre il disco e manifesto di un inquietudine, che in fondo è la loro di sempre, e che sfocia poi nella rabbia del finale dove vengono elencati uno ad uno tutti i “Viva!” urlati a squarciagola, nessuno escluso.