Tre canzoni, tre domande “Where I ‘m At”, “Where I’m From”, “Where I’m Going”caratterizzano il nuovo lavoro di Everett e soci. Il disco ripresenta questa volta con una maggiore introspezione degna di “Electro-Shock Blues”, il vissuto personale, i dubbi esistenziali da sempre parte integrante della scrittura di Everett e i suoi Eels. “The Cautionary tales of Mark Oliver Everett” è una sorta di concept album autobiografico che racchiude piccoli racconti, storie, una versione disco di quel che è stata la sua autobiografia uscita diversi anni fa “Things the grandchildren should know”.
Lo stesso Everett ci racconta che, prima di iniziare”Wonderful Glorious”, aveva chiamato la band per registrare una serie di canzoni molto personali e intime, conservate in un cassetto chiuso a chiave, inaccessibile (ipotesi personale). Il forte senso di disagio l’ha portato ad accantonare il progetto. Così facendo però Everett, dopo l’uscita di “Wonderful Glorious” con tour a seguito, ha avuto modo di meditarlo a fondo, il disco, buttandone via una metà e riscrivendolo, forzandosi di essere ancora meno gentile con se stesso (Se non mi sento a disagio, vuol dire che le canzoni non sono abbastanza vere. Dovevo scavare un po’ più a fondo). E deve aver scavato molto Everett con il risultato di un documento straordinariamente vivo, intimo, una vera e propria lotta personale come avviene nei testi, nelle melodie e negli arrangiamenti travagliati di “Gentlemen’s Choice” e “Dead Reckoning”.
Musicalmente è uscito fuori un disco meno scanzonato, meno power pop, meno lo-fi, meno ritmato ma sicuramente più complesso, lirico con un’orchestra alle spalle composta da violoncelli, viole, violini, fagotti, corni, flauti e gli immancabili glockenspiel. La forte componente personale fa pensare ad un disco solista ma la smentita è arrivata dallo stesso Mr. E. che ha tentuto a precisare la presenza della band (Koool G Murder, The Chet, P-Boo and Knuckles) in tutte le fasi della realizzazione del disco.
L’inizio di “The Cautionary Tales of Mark Oliver Everett” taglia il cuore a pezzettini come solo Bill Fay e Il Sergente Pepe e la band dei cuori solitari possono fare. E se scorrendo i pezzi ritroviamo tutti gli aspetti peculiari degli Eels come il saper raccontare e toccare argomenti forti con una inviadiabile leggerenza musicale, interessante è trovare Everett indossare le corde vocali di Matt Berninger in “Agatha Chang” oppure ascoltare l’intera band suonare alla maniera dei Wilco nel singolo “Mistakes of My Youth”. Bellissime sono “Lockdown Hurricane” che ricorda nell’intenzione l’indimenticabile “That Look You Give That Guy” da “Hombre Lobo”e “Swallow in The Sun”.
E siamo a undici dischi e una carriera che viaggia in sordina a ritmi altissimi. Questa volta la colpa di tutto è di quel disco maledetto che ha stravolto tutto e tutti e ha cambiato il corso della storia. Quel “Plastic Ono Band” di John Lennon che ancor’oggi al solo pensiero sconvolge e turba i nostri animi.