In fisica si dice sublimazione il passaggio della materia dallo stato solido a quello aeriforme. I Wye Oak abbandonano la chitarra noise dei primi tre album, incentrano l’ultimo lavoro “Shriek” su un tessuto musicale basso-synth, ed ecco che ‘sublimazione’ assume senso compiuto anche in musica. C’era tutto questa pressione associato alla chitarra mentre componevo, non riuscivo a superarla, ha dichiarato la Wasner ““ e un paio di fan della prima ora si sono aggrappati alla sedia con una smorfia di terrore/orrore perchè no, un basso non è una chitarra con una corda in meno, e no, non avrebbe funzionato, si sono detti, non funzionerà . E invece.
Il duo di Baltimora sceglie la leggerezza, ha un peso specifico diverso oggi in confronto al 2011 di “Civilian”, quando la chitarra della Wasner e la batteria di Andy Stark trascinavano le tracce al terreno, le rendevano materiche, tremanti di distorsioni ruvide e incontrollate. Il suono sporco dei vecchi “Holy Holy” e “Plains” lascia il passo alle linee di basso circolari e morbide di brani come “Shriek” o “Glory” in un’inedita sospensione atmosferica. Gli ultimi Wye Oak assorbono i Dungeonesse ““ side-project della Wasner ““ e con loro sonorità r’n’b e synth oziosamente decorativi: ecco “Sick Talk”, ecco un certo pop anni ’80, ecco Cyndi Lauper (ciao Cyndi, bell’ombretto!).
Sono lontani i tempi di all this dirt is my disease (“For prayer”); pacificazione non si sa bene cosa debba dire ma deve avere un suono molto simile al risveglio di “Before” e l’indolenza di “I Know the Law”. Nel video di “The Tower” attori vestiti da imbianchini ballano come Mary Poppins e Spazzacamin (allegro-e-felice-pensieri-non-ho): dov’è l’amarezza di “The Knot”? Mah, era il 2009, ora basta un poco di zucchero e la pillola va giù. Solo le contrazioni nervose di basso e batteria in “Paradise” rassicurano i nostalgici, drammatizzano immagini come shaking as I hold you e rievocano la densità oscura dei Wye–Oak-come-li-conoscevamo (e quella sfumata in lontananza? non sarà mica una chitarra?).
Superato lo scetticismo iniziale, l’astinenza da chitarra, lo spaesamento di trovarsi davanti a un disco sostanzialmente despair-free, si comprende che “Shriek” è un album completo, una trasformazione riuscita ed elegante ““ e ne hanno avuto di coraggio, per metterla in pratica nel momento di ascesa, quando avrebbero potuto puntare sull’usato sicuro.
Stiano però attenti ai cambiamenti di stato: leggerezza si può confondere a tratti con inconsistenza e in fisica, la materia sublimata, di solito, si disperde nell’aria.
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2. Shriek
3. The Tower
4. Glory
5. Sick Talk
6. Schools Of Eyes
7. Despicable Animal
8. Paradise
9. I Know The Law
10. Logic Of Color