L’etichetta AMDisc (per cui è passato anche il nostro Marco Acquaviva con il secondo disco del progetto HDADD) viene fondata nel 2011 dal visual-artist Rado Z. e s’inserisce pienamente in quel movimento vapour che contemporaneamte sale alla ribalta delle cronache musicali: pure Apache Jackson, polistrumentista di Portland che approda al primo album ufficiale dopo un paio di ep disponibili su bandcamp, nasce in un contensto vapour, ma in questo esordio riesce a far convivere numerose istanze, dal soul contemporaneo e sintetico di The Weeknd (con cui condivide anche atmosfere torbide e disagio esistenziale) a spunti di library-music, dalle sfide concettuali di James Ferraro a fascinazioni eighties non lontane dalle visioni di Com Truise.
A tratti volutamente plasticoso “Auto Recall” regala numerose epifanie durante i suoi quaranta minuti di durata: se “Mantra” è un ologramma di Prince, il sax di “Last Cowboy” (che tornerà poi ripetutamente fino alla conclusione, dove appare quasi unico protagonista della breve titletrack) pare uscire direttamente dalla colonna sonora di un fumoso film noir (non l’unico elemento di paragone con quel capolavoro oscuro che è “Moss Side Story” di Barry Adamson); se “Summer of Revenge” si pregia di un incedere cinematico e crescente, memore delle scansioni psichedeliche di Tycho, “Cherokee Pop” è una personalissima incursione in territori danzabili.
Ma tutte queste piccole gemme (come pure i brevi intermezzi) sono soltanto tasselli di un disco capace di farsi definitivo ritratto di un’estetica retrufuturista, tanto affascinante quanto effimera, così eterea da esaurire velocissimamente il proprio corso.
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2. Last Cowboy
3. Crunch
4. Lords of Pop
5. Mantra
6. Gateway pt.1
7. Bored Cops
8. Summer of Revenge
9. Eclipse
10. Cherokee Pop
11. Crystal
12. Speed Trials
13. Gateway pt.2
14. Streets of Trash
15. Auto Recall