“Soused” è una collaborazione tra sperimentatori di razza, l’enigmatico Scott Walker (musicista con una carriera lunga e da brividi, citato come influenza da un certo David Bowie) e quei principi incappucciati della drone music e del metal underground che rispondono al nome di Sunn O))). Una strana coppia, ma non poi così tanto, nata su iniziativa di Walker che ha presentato al trio Stephen O’Malley, Greg Anderson e Tos Nieuwenhuizen un progetto scritto pensando proprio a loro, dopo aver cortesemente declinato la richiesta dei Sunn O))) di partecipare a “Monoliths & Dimensions” nel 2009.
Walker ha rapidamente arruolato il produttore di fiducia Peter Walsh a completare i ranghi di questo piccolo ma agguerrito esercito. Il risultato è un disco minimale, cupo, essenziale. L’ipnotica musica dei Sunn O))) lenta, distorta, piena di feedback e strani rumori (una frusta in “Brando”, un treno fantasma in “Fetish”) che pulsa sotto la voce intrigante di Walker impegnata a declamare testi destinati a far discutere, a raccontare storie bibliche, crociate e oscure visioni. Un disco straniante, perso in un mondo tutto suo, un mondo dove anche le ninne nanne sono dotate di neri artigli e allenate a fare paura (a proposito, “Lullaby” è una nuova versione della canzone “Lullaby by by by” scritta da Walker per Ute Lemper nel 1999). Un mondo che somiglia ai romanzi post apocalittici del Cormac McCarthy migliore o a un film di David Lynch come “Strade Perdute”, ma anche gli exploit del Lynch musicista non sono poi così lontani.
Un disco inquietante e stranamente commovente, in cui Scott Walker dimostra ancora una volta di essere l’artista curioso, amante dell’elettronica più sperimentale e delle sfide estreme che è diventato dopo il successo pop ottenuto negli anni sessanta con i Walker Brothers e dopo un lungo periodo passato lontano dalle scene per reinventarsi e i Sunn O))) tornano a esplorare le loro influenze più kraut. Un disco “difficile” ma affascinante, che ricorda le evoluzioni dei Current 93, le atmosfere crude degli Skullflower o dei Skull Defekts (oltre ai Sunn O))) stessi ovviamente). Cinquanta minuti di dissonanze e coraggiose esplorazioni musicali che non cercano di piacere a tutti i costi, non corteggiano l’ascoltatore proponendo qualcosa di scontato ma tentano di spingersi oltre.