Un salto nel vuoto mal riuscito quello dei torinesi Drink to me. Duole ammetterlo senza sciocche paranoie, ma ”S” meritava molta più attenzione di ”Bright White Light”.

Il dream pop onirico si è un po’ affievolito e lascia spazio ad una dimensione più eterea, sfuggevole.
Sono cambiati anche gli approcci alla melodia e ai pattern elettronici, memori a quanto sembra, dell’esperienza solista di Marco Jacopo Bianchi, noto Cosmo ai più, con il suo album ”Disordine”.

”Endless endless” è la prima traccia dalla personalità  molto decisa e dal ritmo molto incalzante. Le venature quasi psichedeliche però si spengono con ”Bright”, pezzo molto snervante privo di punti di riferimento come la lunga ed eccessiva ”Twenty-Two”. Colpisce invece ”Secret” dove si può notare un’ottima sincronia tra synth, giri di basso e atmosfere quasi da Flaming Lips.

Apprezzabile anche ”No treasure” sullo stile indie-pop, anche qui gli arrangiamenti appaiono decisamente proporzionati. ”Treehouse” è il brano più incisivo dell’album, con cambi di struttura e musicalità  quasi da trip-hop. Chiude ”Ecstatic” altro brano da tenere in considerazione per la capacità  di creare ambienti ovattati e opalescenti. Qui viene fuori la creatività  più estroversa di Bianchi, e anche se qualcuno rimpiange i testi in italiano, il vero punto debole resiste piuttosto in questa direzione un po’ farsesca e priva di freschezza. A volte, nonostante la validità  di certi brani, si assiste ad una specie di parodia cosmiana che non ha nulla da dire in questo panorama assai variegato. E questa è la fragilità  del disco: c’è un evoluzione nel sound che non conduce ad esiti interessanti e originali. Resta un buon album, con buone idee, ma nel complesso non spicca. Resta orecchiabile sì, ma purtroppo molto pacato.