Di lui sappiamo tutto: Aphex Twin ha già conquistato il mondo dell’elettronica come icona di riferimento da molto tempo, influenzato parecchi gruppi alternative, come sottolinea sempre Thom Yorke.
Non può che essere orgoglioso della sua carriera e ”Syro” targato Warp Records forse ne rappresenta una personale autocelebrazione. Quasi come a rinforzare attraverso un’impalcatura sempre più riconoscibile il risultato finale del suo lavoro che già nel doppio ”Druqs” (2001) vedeva un sincero punto di approdo. In qualità di anticipatore, Richard David James (aka Aphex Twin), si trova leggermente sospeso in una campana di vetro che rimbomba di un passato indistruttibile. Ecco cos’è in fondo ”Syro”, una produzione che sfiora la meccanicità , specie se si pensa all’amore sempre più viscerale per i suoi robot custom analogici con i quali ha composto in sei differenti studi di registrazione. ”Minipops 67” apre l’album, concentrato in un mood malinconico e distorto dal vocoder, un brano che non evolve in un caotico degenerare e preferisce una linea molto morbida.
Anche ”XMAS ¬_EVET10” è costruita sulla precedente mantenendo un incrocio tra linee oblique e calme, suo cavallo di battaglia da tempo immemore (per esempio ”Flim” o ”Bbydhyonchord”).
Le tracks meno scontate sono ”180db_” dove si apre un approccio meno Burial e più techno, e la successiva ”CIRCLONT6A” dal mix decisamente più sostanzioso, glitch con spinte a 16 bit che esplodono in una coerente visione dell’acid alla quale siamo abituati.
”Syro” si chiude con ”aisatsana”, un rimando a “Avril 14th” con una dinamica che non evolve e si protrae con un senso di frustrazione per cinque minuti.
In definitiva siamo di fronte ad un album che dal punto di vista dei suoni resta pur sempre tra i migliori della produzione di Aphex, ma questo, come detto sopra, non deve trarre d’inganno per quanto riguarda la ricerca stessa di questo pioniere che sembra pertanto arenarsi in una specie di effetto placebo.