I MIGLIORI FILM DEL 2014 / PARTE SECONDA
Questo Best of 2014 racchiude solo film usciti nelle sale italiane nel corso del 2014, non sono state scelte pellicole visionate in festival o manifestazioni varie che usciranno durante il 2015.
Prima di partire con il vero e proprio Best of 2014, abbiamo voluto lasciare uno spazio ai redattori che hanno partecipato alla stesura di questa lista con una loro personalissima menzione speciale, ovvero quel film che non è riuscito ad entrare nei titoli finali ma che comunque è meritevole di attenzione:
LOCKE di Steven Knight
Interamente ambientato in una macchina, questa è la storia di Ivan Locke che di mestiere costruisce palazzi ed è abituato a parlare di portata massima e di pericolo crolli.
(Sara Marzullo)
ALABAMA MONROE di Felix Van Groeningen
Un film dalla carica emozionale potentissima, in cui tra lacrime e sorrisi c’è spazio anche per un po’ di ottimo bluegrass.
(Marco Mori)
IL GIOVANE FAVOLOSO di Mario Martone
Mario Martone ha fatto un film su Giacomo Leopardi. E non è noioso. E in più di una scena la colonna sonora è di Apparat. Leopardi e Apparat. Intesi?).
(Serena Riformato)
12 ANNI SCHIAVO di Steve McQueen
Il film che consacra definitivamente il talento del regista Steve McQueen nonchè il film definitivo sulla schiavitù in America che contiene il piano sequenza più straziante del cinema degli ultimi anni.
(Mirko Di Nella)
SONG E NAPULE di Marco Manetti e Antonio Manetti
Il film più centrato dei due fratelli romani: commedia, poliziottesco, inseguimenti, sane prese per il culo e citazioni cinefile a cuore aperto; attori degni di questo nome e personaggi che rimangono nel cuore dello spettatore.
(Marco Renzi)
GRAND HOTEL BUDAPEST
di Wes Anderson
Le favole di Anderson di non ci stancano mai e questa non è certo un’eccezione.
Un cast ricco di stelle (ed è divertentissima la ricerca durante il film di tutti gli attori che si vedono nel manifesto principale) e un Ralph Fiennes raramente così ispirato, si muovono nel coloratissimo mondo pop-geometrico creato dal regista, che anche questa volta è riuscito nell’intento di creare personaggi sopra le righe senza renderli stupidi o fuori luogo, ma soprattutto ha girato l’ennesima straordinaria pellicola restando fermamente fedele a sè stesso, al suo stile e al suo cinema.
(Marco Mori)
BOYHOOD
di Richard Linklater
Leggo Knausgà¥rd e non fa che usare la parola ripetizione: non c’è niente di eroico nella vita in sè, niente di significativo che non derivi dall’accumularsi dei giorni, dal tentativo di cucire insieme quei frammenti e portarli a significato, niente di più eroico del fatto che da una certa distanza le nostre vite si somiglino tutte.
Get rid of the script, ha detto Ethan Hawke a Linklater ““ registrare materiale per dodici anni e fare a meno di una sceneggiatura significa far sì che nessuna scena sia di transizione: così ogni segmento acquista senso anche da solo, ma pensate ora alla vostra infanzia, cos’è se non un mucchio di momenti di cui mostrate fotografie?
(Sara Marzullo)
FRANCES HA
di Noah Baumbach
Undatable Frances Ha. Si pente delle sue azioni con un secondo di ritardo, dice Greta Gerwig: dei movimenti, dei viaggi a vuoto, delle cose che non voleva dire davvero, delle amicizie che svaniranno al primo inverno, di quelle che sembra aver perso.
“Frances Ha” dà forma al sentimento di questi anni, quelli in cui ci è toccato scoprire che non possiamo fare tutto quello che vogliamo, che forse non abbiamo neanche il talento necessario, neanche per fallire, ma sono anche quelli in cui abbiamo capito che alla fine ricalcolare la nostra esistenza su binari diversi non è così male.
(Sara Marzullo)
THE WOLF OF WALL STREET
di Martin Scorsese
Martin Scorsese può tutto, anche adattare un libro abbastanza mediocre come “The Wolf of Wall Street” di Jordan Belfort in una black comedy memorabile.
Leonardo Di Caprio è magistrale nel mostrare la follia e la sregolatezza del personaggio in una delle sue migliori interpretazioni in carriera supportato da un film “drogato”, con un ritmo letteralmente indiavolato che fa passare tre ore in una.
Ma se pensate di vedere una pellicola divertente senza un’etica vi sbagliate, perchè qui dentro vi verrà mostrata la strada più sporca e immorale per arrivare al “sogno americano”.
(Marco Mori)
NEBRASKA
di Alexander Payne
Qualcosa nello sguardo spaventato e smarrito di Woody Grant (Bruce Dern), qualcosa nel bianco e nero così affilato di Alexander Payne, qualcosa nella provincia americana della ruvidezza dei modi che è autenticità . Qualcosa nell’amore incondizionato di un figlio verso un padre imperfetto. Qualcosa o forse tutto questo rende “Nebraska” dolce di una dolcezza struggente, eppure delicatissima, e uno dei film migliori dell’anno.
(Come a dire: ci ha sempre commosso la mitologia del figlio che si prende sulle spalle il padre vegliardo per salvarlo dalla città in fiamme).
(Serena Riformato)
INTERSTELLAR
di Christopher Nolan
Era il film più atteso dell’anno e non ha deluso le aspettative. Nolan consegna alla storia del cinema un’altra opera grandiosa, ambiziosa e di ampio respiro.
La fantascienza basata sulle vere teorie di Kip Thorne e narrata con le moderne tecnologie certo, ma un film girato in pellicola da 70 mm (l’ultimo in questo formato nel cinema) nei teatri di posa e con il piglio classico omaggiando i grandi come Kubrick e Tarkovskij. Un epopea spaziale, non priva di sbavature, ma pur sempre magnifica che rientra appieno nel corpus tematico del regista inglese come sempre a suo agio nei blockbuster d’autore. Imperdibile.
(Mirko Di Nella)
FRANK
di Lenny Abrahamson
Giovane aspirante song-writer (poco talentuoso) della piccola provincia britannica si unisce per caso alla band avant-garde Soronprfbs che ha un nome impronunciabile e fa musica inascoltabile (non sempre male). Il frontman è Frank, interpretato da Michael Fassbender, ma praticamente non ce ne accorgiamo. L’attore, come il suo personaggio, rimane per tutto il film sotto un enorme testone da pupazzo.
“Frank” è una bizzarra favoletta cinematografica ““ pur tratta da una storia vera ““ che ha in filigrana una bella riflessione sulla musica, sull’esposizione (agli altri), sul fatto che possiamo essere oggetti delicati e facili da rompere.
(Serena Riformato)