Dopo un bellissimo esordio a nome Father John Misty, “Fear Fun” uscito nel 2012 con la mitica Sup Pop, Padre John ci riprova e dopo tre anni pubblica il secondo album, con questo superbo moniker,”I Love You, Honeybear” che vede alla regia l’amico e musicista Jonathan Wilson.
I due hanno dato vita ad un fantastico scambio di idee che ha fatto di questo disco un opera che suona indie, folk, contemporaneo ma anche maledettamente sixties e seventies. Scrivere canzoni per Father John equivale a vivere, ritornare su impressioni e sensazioni ancora vivide nella mente e nel cuore. E questo processo di scrittura, si sa tipico del vero cantautore, dà alle melodie e ai testi di “I Love you, honeybear” una forza e un impatto emotivo che lascia spesso senza fiato. Gli arrangiamenti divinamente realizzati e curati in ogni singolo dettaglio hanno creato un disco ambizioso, complesso, intrigante e con un fascino avvolgente (provare per credere).
Una dopo l’altra le undici canzoni scorrono tra la malinconia, la rabbia, la nostalgia, la sofferenza che spesso abbiamo amato in Harry Nilsson, CSN, Jim Croce e con un salto ai giorni nostri con Edward Shape e lo stesso producer Jonathan Wilson che a volte l’ha spuntata sullo stesso Father John in pezzi come “Chateau Lobby #4 (in C for Two Virgins)”, “True Affection”, “Strange Encounter”.
Per sua stessa ma timida ammissione “I Love You, Honeybear” è un concept su J.Tillman con un tema centrale, l’amore. Un amore personale, per questo sincero ma anche profano, violento, geloso, dolce, vivo, lontano, irraggiunbile. L’ascolto di questo disco crea momenti da brividi, altri ti lasciano senza fiato, alcuni liberano un delicato sorriso, fino a momenti nei quali si fa sentire un’impulsiva rabbia. Come dice Padre John l’amore è tutto quello che viviamo ogni giorno, gli aspetti duri del mondo, alla fine, sono una cosa molto elementare, senza nessun filtro, nessuna maschera mi viene da aggiungere.
Siamo a febbraio e come sempre aspettiamo il tempo che verrà ma fermarlo e catturarlo con “I love You, honeybear” è cosa giusta e speciale.
Photo: Takahiro Kyono from Tokyo, Japan / CC BY