Maggio è proprio il mese giusto per un nuovo disco degli And So I Watch You From Afar. La musica di Rory Friers, Johnny Adger, Chris Wee e Niall Kennedy infatti è adattissima per scrollarsi di dosso il freddo dei mesi invernali e affrontare con grinta la primavera e tutto quello che viene dopo. “Heirs” è nato in un momento di pausa da tour e viaggi intorno al mondo, cosa stranissima per gente come gli ASIWYFA che vive sempre con la carta d’imbarco in mano e la valigia pronta vicino alla porta. Pausa del tutto teorica, visto che i quattro di Belfast l’hanno sfruttata per entrare in studio di registrazione a lavorare come pazzi. Trenta canzoni pronte, dieci sono finite in “Heirs” e chissà quale sarà il destino di quelle “bocciate”.
Musicalmente gli And So I Watch You From Afar non rinnegano sè stessi nè la propria storia. I fuochi artificiali di “Run Home” e le guitars set to kill di “Animal Ghosts” non avrebbero sfigurato in “Gangs”. “A Beacon, A Compass, An Anchor” e “Tryer, You” invece rappresentano quell’anima energica ma riflessiva, tipica di chi osserva la realtà con la mente sgombra e gli occhi aperti, che li ha sempre contraddistinti. Canzoni di qualità altissima, costruite con pazienza certosina, che vanno ascoltate più volte per apprezzarne appieno ogni singolo dettaglio. Ma del resto questo è il vero pregio degli ASIWYFA: non annoiano mai. Possono essere jazzy, aggressivi, canticchiare più del solito in “These Secret Kings I Know” e “Fucking Lifer”, spaccarsi le braccia sugli strumenti come se stessero facendo ginnastica o indossare i panni dei musicisti eterei e sognanti e il risultato resta lo stesso cioè un gran bel sentire. La title track (“Heirs”) è un esempio perfetto. Sette minuti e mezzo di musica avventurosa, con ritmi che cambiano di continuo e catturano l’attenzione secondo dopo secondo.
Ascoltare “Heirs” (l’album) è come vedere uno di quei documentari sulla natura in cui la crescita delle piante viene registrata e poi accelerata: succede tanto, in un tempo brevissimo. Viene quasi voglia di fermare ogni canzone e poi premere nuovamente play, giusto per cercare di capire come sono andate veramente le cose. Parlando di “Heirs” Rory Friers ha detto che è stato ispirato dall’idea che tutti ereditiamo le passioni altrui, che diventano una fonte d’ispirazione. Ereditare un po’ della rabbia, della gioia sfrenata che traspare da ogni nota della musica di questi quattro ragazzi di Belfast non sarebbe mica male. Passano gli anni, i dischi si accumulano uno sull’altro. Potrebbero fermarsi, riposarsi, gli ASIWYFA. Invece no. Suonare insieme gli piace ancora da impazzire e si sente. Fosse per loro non farebbero altro.