Nella circolazione sanguigna tutti l’indie possibile degli anni Novanta, quella potenza vortex sempre più allargata alle contaminazioni college, poppyes e a quelle tonalità “birichine” che assaltano in men che si possa dire charts e palinsesti radiofonici a qualsiasi latitudine, dicasi anche longitudine.
Dal Massachusetts il quartetto degli Sweet John Bloom con “Weird Prayer”, uno di quei progetti che guardano con intenso interesse a “sfondare” ovunque, ben 15 tracce per approfondire la loro provenienza sonica, perfettamente ascrivibile ““ per colori, forza e fragranze ““ a certe formazioni dell’out-mainstream yankee, quelli della nuova ondata “canagliesca” in circolazione, vedi “California X” la titletrack, “Pil Blood moon”, “Krill Bury Rudy”, il punk quadrato dei “The Hotelier’s Moving target”, “Solicitor”, “Night thing”, “Cowboy” per citarne alcune.
Disco di ritmiche, urgenze espressive e quella giovanile strafottenza che crea trasporto nell’ascoltatore, che spesso (sempre) insiste con l’elettricità delle chitarre di stampo Chicagoano, quelle appunto che ripartono e riportano i lampi e le saette indie, per traghettarle nel nuovo millennio, spostando il baricentro e le tematiche ma conservandone la precisa personalità .
Melodia storta e corto circuiti in amore per un registrato che fa scintille, senza compromessi, splendidamente in asse con tutto quello che fa rima con “baccanale”.