Aspettando questo nuovo lavoro dell’ex voce degli Czars, giunto ormai al terzo album della sua seconda vita artistica, ho cercato con tutto me stesso di non farmi fuorviare dalle cattive sensazioni provocate dalla copertina (la potete vedere qui, ogni commento è superfluo) e dal singolo che ne anticipa l’uscita, quella “Disappointing” arrivata all’improvviso sugli schermi dei nostri PC lo scorso agosto che nonostante veda la presenza di Tracey Thorne non ha esaltato più di tanto nemmeno un fan sfegatato del musicista nativo di Denver come me.
Se il precedente splendido “Pale green ghost” riusciva nell’arduo compito di rappresentare un convincente compendio delle due anime dell’artista, quella classica con le sue ballate acustiche e le aperture orchestrali e quella elettronica con le sue commistioni dance, questo “Green Tickles, Black Pressure” appare meno ispirato e a tratti superficiale, come se l’autore dell’indimenticabile “Queen of Denmark” volesse alleggerire la propria musica di quella dimensione drammatica che insieme ad una voce profonda e stentorea ne rappresenta il marchio di fabbrica, se quindi l’idea era quella di alleggerire l’atmosfera il risultato è un lavoro non del tutto riuscito ed a tratti irritante.
La voce di John Grant è una di quelle che pare possedere sulla sua tavolozza tutti i colori del mondo ma questa stavolta è messa a disposizione di una scrittura confusa e poco ispirata, quasi si fa fatica infatti a trovare un brano che riesca a spiccare, un po’ come accade nel deludente “Reflektor” degli Arcade Fire, c’è il classico troppo che stroppia che non porta a nulla se non a sembrare una copia sbiadita del Marylin Manson più fiacco e kitsch, vedi le muscolari “Snug Slucks” “Guess how i know” e “You&Him”, o al massimo a scimmiottare brani del passato prossimo dell’autore.
“Grey Tickles, Black Pressure” ha qualche spunto di interesse nella sua seconda parte, “Down here” è un mid tempo piacevole che però non regge il confronto con molti capolavori del repertorio del nostro, “Vodoo doll” gioca sull’alternanza di ritmi e vocalità , “Global Worming” è l’attestato di presenza un po’ tardivo dell’immenso talento di John Grant così come la vigorosa e dolente “Magma Arrives”, punto più alto dell’album.
In definitiva siamo di fonte al classico lavoro che se pur deludente non riesce minimamente ad intaccare la stima verso una delle voci artistiche più belle ed intense emerse negli ultimi anni, un disco che forse potrà acquisire maggiore spessore nelle esibizioni dal vivo.