Nuova etichetta discografica creata per l’occasione, nuovo disco, nuova vita. Questo sembra essere il mantra dei Silversun Pickups che ritornano con “Better Nature”. La produzione è ancora una volta affidata a quel geniaccio di Jacknife Lee (R.E.M,U2, Two Door Cinema Club, Crystal Castles) e a far da biglietto da visita ci ha pensato il video di “Nightlight” diretto da un altro bel genio di nome Mark Pellington che trasporta i Pickups in una Las Vegas cupa e notturna per quasi otto minuti otto di incubo dark pop. Confezionando una sorta di mini ““ film che tira fuori il lato più sexy e inquietante della band di Los Angeles ed è il viatico perfetto per un album che riprende esattamente dove “Neck Of The Woods” aveva lasciato, finendo per esserne il secondo capitolo. Ma al contrario di quanto a volte succede, regge il confronto. Ormai sono diventati maestri i Pickups. Sanno creare un’atmosfera intensa unendo elementi tra loro diversissimi e strizzando spesso e volentieri l’occhio agli anni ottanta.
Bianco e nero. Luce e buio. Dolcezza e fregature. Innocenza e colpa. “Latchkey Kids” che sembra uscita dritta dritta dal libro di Ted Rall “Revenge of the Latchkey Kids: An Illustrated Guide to Surviving the 90’s and Beyond”. Armonie angeliche, ritmo infernale (“Connection” che spacca senza bisogno di remix) sintetizzatori e distorsione, piccoli terremoti che sembrano creati quasi ad orologeria. Avranno anche perso l’immediatezza dei primi album, ma nel loro caso non è un difetto nè un problema. Le canzoni hanno imparato a costruirle con puntiglio, pezzetto dopo pezzetto, senza che neanche un piccolo dettaglio risulti spiacevole o fuori posto e “Ragamuffin” ne è un ottimo esempio. Già “Neck Of The Woods”, ascoltato tutto di fila, poteva sembrare un concept album. Stessa cosa per “Better Nature” anche se il filo forse è più tenue, sottile. C’è da confondersi a cercarlo, soprattutto quando Brian Aubert tira fuori cuore e anima in “Friendly Fires”. Si divertono, i Pickups.
Sono liberi di fare ciò che vogliono e questa nuova libertà la sfruttano appieno in quella splendida stranezza di nome “Tapedeck” che dimostra quanto si siano allontanati dal dream pop o dallo shoegaze propriamente detto. Questi sono dei Pickups meravigliosamente rock, nello spirito e nel sound. “Better Nature” insomma non è un disco scontato. Si spinge ben oltre il limite del sogno per addentrarsi in una terra di nessuno che è bella da scoprire. Sono diventati degli esploratori i Pickups, di quelli veri. “It’s not easy to define the wild kind” dicono in “The Wild Kind”. Non è semplice nemmeno definire loro. Il che in un mondo pieno di etichette è il complimento migliore. Tutto merito di Brian Aubert, Nikki Monninger, Christopher Guanlao e Joe Lester ovviamente. E anche di Jacknife Lee che conferma, anche se non ce n’era bisogno, di essere un produttore capace di tirar fuori il meglio da ogni artista.
Credit Foto: Claire Marie Vogel