Guardi Kurt Vile e ti sembra di vedere un cavallo selvaggio. Uno di quelli che, invece di affannarsi per nulla, cercano di gustarsi il paesaggio al meglio che possono, ora accelerando, ora rallentando e dando la giusta attenzione a un dettaglio nascosto. Sarà la chioma, sarà lo sguardo, sarà l’abbigliamento strambo o il sorriso incerto, ma la sensazione è quella. E all’ascolto ne dà la conferma: ti chiedi per quale caso fortuito sia arrivato a Philadelphia, se vive su un baobab o su una palafitta in mezzo al nulla.
“B’lieve I’m Goin Down…” in questo senso è un trotto beato e assolutamente unico. Dodici tracce nelle quali si avverte chiaramente il retrogusto del miglior genere cantautoriale americano sano e senza scimmiottamenti da quattro soldi: da Pretty Pimpin a Life Like This è tutta discesa, un susseguirsi di pezzi
che ripuliscono i polmoni per restituirteli più adatti all’aria autunnale dipinta di arancione.
L’unica pecca è forse la troppa continuità della seconda parte del disco, che può risultare non all’altezza della prima, ma complessivamente Kurt trotta che è una meraviglia e, da bravo selvaggio, sa prendersi gioco delle lancette dei tristi e prevedibili orologi da parete.