#10) DANIEL BACHMAN
River
[Three Lobed]
Daniel Bachman è un piccolo prodigio statunitense della chitarra fingerpicking apprezzato da un certo signor Ryley Walker e da un altro connazionale che con la sei corde ci sa fare di nome Steve Gunn.
“River” è più rilassato rispetto ai ritmi veloci di “Seven Pines” e al blues di “Orange Co. Serenade” ma sempre ispirato. Somiglia a un viaggio in canoa lungo le sponde di un fiume, fatto senza fretta.
#9) WAXAHATCHEE
Ivy Tripp
[Merge]
Non sono stati due anni di riposo, per Katie Crutchfield in arte Waxahatchee. “Ivy Tripp” è la cronaca spietata di quella terra di mezzo che va dai venti ai quaranta.
Una microscopica, avventurosa bibbia per giovani adulti da tenere dentro un cassetto e da tirare fuori quando serve. Un Tripp che lascia storditi, uno stordimento contorto e piacevolissimo.
#8) THE MYNABIRDS
Lovers Know
[Saddle Creek]
Esiste ancora il disco dell’estate? Quello che sembra fatto apposta per accompagnarti mentre provi ad inventarti un’altra vita in quei tre mesi di caldo infernale? Se esistesse ancora, il disco dell’estate 2015 potrebbe proprio essere quello di Laura Burhenn in arte The Mynabirds.
Un’artista con tante anime e tanta voglia di far battere il cuore in “Lovers Know”.
#7) BEAUTY PILL
Beauty Pill Describes Things As They Are
[Butterscotch]
Chad Clark, leader dei Beauty Pill, nel 2007 ha rischiato di morire a causa di un’infezione cardiaca. Un’esperienza di quelle che cambiano la vita e che ha reso lo stile dei Beauty Pill più riflessivo, più aperto a nuove soluzioni.
C’è un po’ di elettronica e tanta melodia in questo nuovo album, una sorta di rinascita fatta di texture complesse e frizzanti suonate con la solita, innata classe.
#6) THE SUITCASE JUNKET
Make Time
[Whistlepig/CD Baby]
Matt Lorenz è l’istrionico musicista che si cela dietro The Suitcase Junket. C’è più della semplice tradizione folk nelle canzoni di questo ragazzone coi baffi che live tira fuori brani che sembrano composti da una band e non da un uomo solo al comando.
Trovate il tempo per sentire “Make Time” e poi recuperate “Knock It Down” e “Sever And Lift” (ma occhio che creano dipendenza).
#5) ACTOR & ACTRESSES
Pyre
[autoprodotto]
Il canto del cigno degli Actor & Actresses,. E l’ultimo album hanno scelto di chiamarlo “Pyre” come se volessero fare un funerale di quelli strani, mettendo il passato su una pira e poi dandogli fuoco.
Peccato sia la fine per questi ragazzi di Kansas City, che hanno già in mente altri progetti a cui dedicarsi, ma è una fine gloriosa. Il loro melodico post rock è più intenso che mai.
#4) GHOSTPOET
Shedding Skin
[Play It Again Sam]
Nonostante il titolo faccia presagire grandi cambiamenti, la formula del poeta fantasma resta la stessa: trip hop e elettronica arricchiti da un flow che chiede di essere ascoltato.
A cambiare è casomai l’atteggiamento di Obaro Ejimiwe, che si confessa a cuore aperto e scherza un po’ di meno (anche se non ci rinuncia di certo). Se Tricky ha un erede (non che ne abbia bisogno eh) si chiama Ghostpoet.
#3) MATTHEW E. WHITE
Fresh Blood
[Domino]
Sembra il figlio illegittimo di Dr. John il buon Matthew E. White, che torna di prepotenza con la sua miscela di R&B, gospel, pop orchestrale di quello buono.
Dolce, divertente, commovente in “Fresh Blood” è ancora più sicuro di sè e dei suoi mezzi. Un album che scivola via tranquillo senza nemmeno un difettuccio. Una conferma per una delle voci più interessanti di questi ultimi anni.
#2) ALGIERS
Algiers
[Matador]
Se li ascolti non te ne stacchi più. La voce di Franklin James Fisher sembra venire dal passato, da altri tempi e luoghi. Ma il tappeto sonoro che Ryan Mahan e Lee Tesche gli costruiscono attorno è quanto di più moderno esista sul mercato. Una volta spettava al folk svegliare le coscienze, poi come in un’immaginaria staffetta il compito è passato al rap.
Ora tocca anche agli Algiers, band che fa genere a se.
#1) KENDRICK LAMAR
To Pimp A Butterfly
[Aftermath/Interscope]
Giusto per tornare sul discorso del rap che smuove le coscienze. Per testi e impatto emotivo “To Pimp A Butterfly” è al livello del Nas di “Illmatic” ed ha inoltre il pregio di ampliare i confini dell’hip hop più classico contaminandolo con stili diversi.
Kendrick Lamar, straight out of Compton, insomma è riuscito a creare un piccolo documento storico, a fotografare il presente in musica. Primo posto meritato.