#10) KAOS
Coupe de Grà¢ce
[K-Age]

Anche se stacchi la spina, lo spettacolo continua

Il rientro a sorpresa sulla scena del king assoluto e veterano del rap nostrano. Sdegnoso e sdegnato come sempre. Sempre più esistenzialista.

#9) YOUAREHERE
Propaganda

[Bomba Dischi]

Albe fredde e orizzonti luminosi

La risposta capitolina ad Apparat, Kompakt e compagnia bella e non solo. Un piccolo gioiello di elettronica supersensibile.

#8) DUST
On The Go

[Sherpa]

La memoria delle parole

Presentati dagli addetti ai lavori come un saporito mix tricolore di National e Wilco, i lombardi Dust sono passati inosservati ai più, ma in realtà  questo loro album è uno dei lavori italiani guitar-oriented più riusciti di quest’anno. Indimenticabile il singolo “If I Die”.

#7) A PLACE TO BURY STRANGERS
Transfixiation

[Dead Oceans]

L’impero del Rumore

Il sigillo definitivo dei Signori del Nuovo Shoegaze.

#6) AGENT SIDE GRINDER
Alkimia

[Progress]

Musica per piccole masse

Una luminescente gemma di dark-synth-pop dalla Svezia. “As The Giants Fall” è uno degli inni underground del 2015.

#5) COLDER
Many Colours
[Bataille]

Le sfumature della Mezzanotte.

Che fine aveva fatto Marc Nguyen Tan? Rieccolo dopo un decennio buono di silenzio con la sua malinconia elettronica venata di cupezza wave. Il parigino non solo è in ottima forma, ma si presenta con il suo lavoro più ambizioso e profondo.

#4) THE MACCABEES
Marks To Prove It

[Fiction]

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Elefanti e castelli

Poteva mancare il geniale quintetto londinese nella classifica annuale? Non conosce ostacoli l’ascesa dei Maccabees, band capace di frullare ogni sorta di sottogenere del rock alternativo, in una miscela davvero unica e inimitabile. Nell’era dei Kanye West, delle Grimes e dei Kendrick Lamar, act del genere andrebbero preservati e spinti in ogni palinsesto che si rispetti.

#3) GIRLS NAMES
Arms Around A Vision

[Tough Love]

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Oscillazioni del desiderio

Li avevamo già  notati qualche anno fa, quando li inserimmo in classifica ai tempi dell’album “The New Life”. Quest’anno i Girls Names hanno sfornato quello che è probabilmente il loro capolavoro e si sono spinti ancora più avanti nell’affinamento della propria ricetta post-punk.

#2) THE SOFT MOON
Deeper
[Captured Tracks]

Essere o non essere?

Il terzo Lp della creatura di Luis Vasquez fa proprio quello che dice il titolo, va ancora più a fondo nella formula sonora “gotica” che da sempre contraddistingue il progetto e catapultandosi con determinazione oltre la transitorietà  rappresentata dal precedente “Zeros”, creando finalmente vere e proprie “canzoni” che scandagliano l’Io interiore alla ricerca di una identità  perduta, tra languori notturni e tribalismi indomiti.

#1) VIET CONG
Viet Cong
[Jagjaguwar]

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Siamo solo ologrammi e ombre

Una convinzione lampante mi si è stagliata in mente sin dai primissimi ascolti: questa band, nata dalle ceneri del progetto Women, è una bomba, una vera manna dal cielo per chi è alla ricerca di nuove declinazioni post-punk/indie-rock, qui intrappolate in un urticante labirinto di movenze ipnotizzanti e nevrosi distopiche. “Death” è probabilmente la canzone più impressionante che mi sia capitato di ascoltare in questi anni 10 so far.
Il consiglio è: dimenticate certi miopi discorsi sulla Retromania e immergetevi nel sound enigmatico dei Viet Cong da Calgary.

Menzione d’onore:

Beach House – Depression Cherry/Thank Your Lucky Stars
Chelsea Wolfe ““ Abyss
Protomartyr ““ The Agent Intellect
Pinkshinyultrablast ““ Everything Else Matters
Low ““ Ones And Sixes
Majical Cloudz ““ Are You Alone?
East India Youth ““ Culture Of Volume