Era l’inverno di uno o due anni fa ed io stavo scorrendo distrattamente il dito sul social, quando cominciai a notare un numero non indifferente di avatar condividere una petizione online che recitava Ripuliamo Piazza Verdi.
Come ho premesso, non ricordo di preciso il giorno, neppure l’anno ma ricordo distintamente cosa pensai leggendo quella frase asciutta.
Ma questa gente lo sa che le parole hanno un significato ben preciso?
Cioè, senza entrare nel merito della questione, è solo una questione di incastri elementari: devi scegliere tre parole per esprimere un concetto, solo tre parole. Anzi, una, perchè Piazza e Verdi devi mettercele per forza.
Quindi, semplicemente, pensaci perchè le parole hanno un valore molto preciso ed i luoghi non si “ripuliscono” dalle persone. E’ brutale.
E voi che firmate la petizione, come fate poi a mettervi l’immagine del profilo con il filtro arcobaleno e #lovewins? Ci pensate a quello che condividete? Ed a quanto #lovewins in un “Ripuliamo Piazza Verdi”?
Ora, da cosa nasce cosa e ripenso alle parole e quanto ormai siano pescate un po’ a caso, più per assonanza che per significato.
L’ho presa molto larga, lo so, ma volevo semplicemente inquadrare un trend che da tempo ha influenzato pure la musica. Cioè, quello di accostare parole ad occhi chiusi, come quando si chiudevano gli occhi e si puntava il dito a caso nel mappamondo e si prendeva sempre quell’isola nel Pacifico con il nome esotico che faceva figo.
Non facciamo nomi e cognomi ma anche la discografia italiana degli ultimi anni è piena di canzoni che dovrebbero parlare di tante cose, soprattutto amore, ma che nei fatti non parlano di nulla.
Senza troppi induci poi, arriviamo al punto in cui si spiega perchè “Mainstream” di Calcutta è un bel album: perchè è scritto bene.
Ci sono tante parole e le parole raccontano storie che hanno una concretezza, sia fisica che umorale.
Una serie di immagini che hanno un tratto definito.
E’ un viaggio nel tempo che svolta continuamente e ti lascia come unici punti fissi i rimpianti, mentre apri il giornale e ci trovi Papa Francesco ed il Frosinone in Serie A.
E’ anche un treno regionale che viaggia nello spazio (non sembra un complimento, ma lo è) tra i luoghi della sua vita ed anche, perchè no, della mia.
Ci sono svastiche disegnate a Bologna solo per litigare, ci sono bagni a Riviera Del Garda e c’è la mia città natale che è una donna intelligente.
Poi, c’è pure Milano e tanto altro, metropoli e provincia.
Ci si è interrogati poi sul significato di “Mainstream”, proprio come termine: è ironia, è una dichiarazione di intenti? E via con digressioni infinite su quella che è veramente la musica “Mainstream” e sull’inquadramento di Calcutta nel bel paese della musica pop d’autore.
Poi, secondo me, ascoltando l’album ti accorgi che, anche se le canzoni sono molto più orecchiabili di quelle di “Forse…”, il vero Mainstream non è quello della musica, ma quello dei sentimenti.
Dell’amore, che è soprattutto nostalgia.
Prendete “Cosa mi Manchi a Fare” ed il suo ritornello e ditemi se non sono parole che ci appartengono un po’ a tutti, “Mainstream” appunto.
E non mi importa se non mi ami più, e non mi importa se non mi vuoi bene.
Dovrò soltanto reimparare a camminare.
Semplice, diretto, vero.
Eccole, le parole e le storie che parlano di lui e di noi in maniera schietta: nella disillusione e nella nausea di “Limonata” o nello sconforto di “Dal Verde”.
Versi che delineano gli spigoli di passioni ed esperienze vissute, senza retorica e con la familiarità di un sorriso amaro.
La musica è semplicemente un contorno, un sottofondo per le immagini che scorrono, come nei vecchi album su Facebook. (perchè parlare di album fotografici ormai sarebbe terribilmente fuori dal tempo).
Insomma, il punto è semplicemente questo: non so più cosa dirvi, davvero.
Questo album potremmo non recensirlo perchè si racconta da solo. Ascoltatelo e provateci anche voi: Calcutta canta una storia e noi ascoltiamo.
Tutto il resto è superfluo. Dalle disamine tecniche (che odio) a quello più di pancia (che in genere mi piacciono molto).
Ha detto tutto lui. Bravo.