Cose che sono capitate quest’anno:
– Dopo che Donna Tartt ha dato l’avvio ai lavori con “Il Cardellino”, “Purity” di Jonathan Franzen e “City on Fire” di Garth Risk Hallberg hanno confermato l’esistenza del genere letterario Charles-Dickens-adattato-per-HBO.
– Gli americani e gli inglesi hanno riscoperto Clarice Lispector attraverso la pubblicazione di tutti i suoi racconti (per la sottoscritta, quella di “Complete Stories” è copertina del 2015). La scarsa reperibilità dei suoi testi in Italia sta diventando annosa.
– Sellerio ha pubblicato “Nel mondo a venire” di Ben Lerner; è stata una buona occasione per scoprire le sue poesie. Insieme a “Sembrava una felicità ” di Jenny Offill di NN Editore, è il libro in traduzione più interessante uscito quest’anno: entrambi fanno qualcosa alla letteratura, invece di celebrarla o enunciarla e basta.
– Atticus Lish e Merritt Tierce hanno risposto alla lamentatio dello scrittore newyorchese, triste e bianco sulla fine di tutte le cose nel modo inconsapevole e migliore: senza fare polemiche, ma scrivendo due romanzi sul margine che hanno una lingua brutale ed elettrica e una percezione meno ristretta del mondo.
– Tra gli esordi da ricordare, quelli di Nell Zink e David James Poissant.
– Per una volta, il Man Booker Prize e il National Book Award sono andati a due libri che ho letto e che ho trovato anche discretamente belli: “Breve storia di sette omicidi” di Marlon James (Frassinelli) e “Fortune Smiles” di Adam Johnson (di prossima pubblicazione per Marsilio).
( Claudia Durastanti )
PREPARATION FOR THE NEXT LIFE
Atticus Lish
[Tyrant Books]
PREPARATION FOR THE NEXT LIFE
Atticus Lish
[Tyrant Books]
Lei non gli comprava pentole e padelle. Non era un tipo materno. Quando raccoglieva e andava a riscuotere i vuoti a perdere, lo faceva perchè era intraprendente, non perchè pensava di dover fare le pulizie per lui. Con il dollaro e gli spiccioli che rimediava, comprava uno spiedino di pollo e lo conservava per mangiarlo insieme, metà ciascuno, la carne ormai fredda quando passava vicino alle casette ricoperte da graffiti in spagnolo.
Impilava tutti quei chilometri ed era una bella sensazione. La primavera stava per arrivare, il grande ingranaggio della città pronto a girare.
Non riesco a sbarazzarmi di te. Forse torni qui per la pizza. O forse è qualcos’altro che prendi da me, disse lui.
Era per la sua tuta mimetica. La sua giacca militare. Era per il suo impermeabile.
Sono i tuoi anfibi. Amo i tuoi anfibi.
Che ne dici di questo? Domandò lui sollevando la maglietta. E’ questo buco da proiettile nella schiena? E’ per la mia guerra?
Amo la tua guerra, disse lei.
( Claudia Durastanti )
THE WALLCREEPER
Nell Zink
[Fourth Estate]
Elvis voleva andare a ballare, e questo significava stare fuori fino a tardi. Andare a ballare era la sua ragione di vita, e voleva condividerla con me. Non ero sicura di riuscire a convincere Stephen, ma promisi che ci avrei provato.
Stephan disse: «Sembra un appuntamento ». «Certo che è un appuntamento. Quest’uomo vuole chiaramente scoparmi. Ma quand’è l’ultima volta che sei andato a ballare? Mi sa che io non ci vado dal secondo anno di università . E non saprei neanche dove andare. E’ un bravo ragazzo. Sono sicura che hai presente chi è. Il tizio con la barba alla stazione di benzina. E’ completamente innocuo. E’ un allievo di Slavoj Žižek ».
Stephen distese la copia dell’International Herald Tribune con uno scatto prima di voltare pagina. «E’ la frase più fiacca che potesse trovare». «Lo so. Non è colpa sua se è una figura tragica. Non è mai colpa di una figura tragica: è questo che le rende tali ».
( Claudia Durastanti )
COMPLETE STORIES
Clarice Lispector
A cura di Benjamin Moser
[New Directions]
>Alcuni momenti del pomeriggio potevano essere critici. In alcune ore del pomeriggio, gli alberi che aveva piantato le ridevano dietro. [“…] Si era gradualmente resa conto che la vita poteva essere vissuta senza felicità : nell’abolirla, aveva incontrato una moltitudine di persone, prima invisibili, che vivevano con lo stesso stato d’animo con cui si lavora”“ con perseveranza, persistenza, e appagamento. Quel che era successo nella vita di Anna prima di avere una casa di proprietà era scomparso per sempre: quella disturbante esaltazione che spesso aveva confuso per una felicità intollerabile.
( Claudia Durastanti )
MEAN FREE PATH
Ben Lerner
[Copper Canyon Press]
Nel tentativo inconscio di tenere insieme la mia voce
Ingoio gomma da masticare. Un vecchio piange nell’aeroporto
Per una coincidenza mancata. Il colore dei soldi è
Verde visione notturna. Ari si toglie le mollette dai capelli
Io tolgo la punteggiatura. Il nostro freezer è vuoto
Risparmia soldi per la vodka e il cinema. Lascia queste bellissime
Domande senza risposta. Mancano sei pagine alla fine
Della nostra giovinezza e preferisco ingoiarmi la lingua
Che sprecarle in descrizioni.
( Claudia Durastanti )
GLI ANNI
Annie Ernaux
Trad. Lorenzo Flabbi
[L’orma editore]
Tutte le immagini scompariranno: questo libro si apre con una sentenza.
266 pagine dopo, l’ultima frase che leggiamo è di segno totalmente opposto: Salvare qualcosa del tempo in cui non saremo mai più.
“Gli Anni” succede nello spazio tra la certezza dell’oblio e il desiderio di sottrargli comunque qualcosa. Sembra che la scrittura della Ernaux venga da qui, dalla consapevolezza di questo compito impossibile. E quella specie di pudore elegante che c’è nelle sue parole è il risultato di una serie di operazioni a togliere, per cui ciò che leggiamo è ciò che si è salvato perchè ha davvero il carattere dell’essenziale, dell’unica cosa che bisogna dire anche se è forte il dubbio che alla fine niente conti. Annie Ernaux fa questa cosa tenendosi lontana anni luce dal pericolo che l’operazione comporta (e che si trova spesso nei vari «romanzi di una nazione» da cui siamo ciclicamente afflitti): dare l’impressione che ti stia insegnando a vivere. Qui non c’è alcuna morale da cui essere avvinti, ci sono una serie di ricordi da mettere in ordine, non tanto da riaccendere per farli brillare con nostalgia, ma come segni che si sono inevitabilmente depositati nella memoria. Viene da chiedersi perchè questi fotogrammi ci siano riusciti mentre altri no, ma Ernaux si guarda bene dal rispondere a una domanda simile. Sarebbe come rispondere al senso del tempo. Lei si limita a farlo scorrere e tra una fotografia di lei bambina e quella della vecchia che è diventata riesce a farci scorrere anche il Novecento, dal dopoguerra a oggi. Lo fa usando una delle persone più difficili, il noi (e forse gli unici pensieri su ciò che era e ciò che doveva possiamo trovarli nascosti qui, negli scarti che talvolta troviamo dal noi al si impersonale) mentre le parole scivolano in un imperfetto continuo, assoluto, che divori via via il presente fino all’ultima immagine di una vita. Come scrive lei poco dopo, questo libro è uno strumento di lotta.
( Valentina Rivetti )
CARNE VIVA
Merritt Tierce
Trad. Martina Testa
[Sur]
Lei non cambia. Questo è il primo motivo per leggere “Carne Viva”. Marie fa la cameriera in molti locali di Dallas, è giovanissima, ha una figlia piccola, si droga molto e fa un sacco di sesso, con chiunque. Non sta attraversando un gran periodo. E il romanzo non è la storia della sua redenzione. Il classico arco narrativo? Niente. Tierce dice di non sopportare le storie che si concludono con qualche epifania (che arriva a salvare il lettore dal pericolo di confrontarsi con il senso o con la sua assenza, aggiungo io) perciò non si preoccupa di far uscire Marie da qualcosa o di farla soccombere, le interessa solo restare con lei e con la tensione che spinge avanti la sua vita. è liberatorio e doloroso insieme poter rimanere a guardare i resti dell’incidente, indugiare sulla testa del guidatore insanguinata – il paragone è suo – confrontandosi solo con i propri pensieri e non con l’imminente arrivo di una specie di parabola. Risponde alla domanda sulla pornografia femminile prima che tu gliela faccia. Questo è il secondo motivo per leggere Carne Viva. Ci sono stati uomini che la domanda gliel’hanno fatta comunque, preoccupati della sfilza di maschi che a dir loro «escono male» ma soprattutto stupiti che la penna di una donna potesse scrivere parole esplicite, inquadrature precise, orgasmi taglienti. La risposta è che la pornografia è un altro sport, così antiestetico, che non può muovere l’immaginazione e invece – prima di ogni riflessione sulla natura del femminile, dell’essere madre, del cercare un posto nel mondo diverso da quello che ti è stato detto di occupare – Carne Viva è un insieme di frasi perfette, lucide, composte eppure viscerali insieme. Belle.
E il terzo motivo per leggere questo romanzo (come in tutti gli elenchi, chi li fa è costretto a dire che sono incompleti) è proprio la ricerca della bellezza. C’è in Marie una tensione fortissima verso il bello, una fame che ha imparato a soddisfare nonostante la realtà , dove di bello sembrerebbe non esserci granchè. è anche l’unico modo che ha per resistere a quello che altrimenti sarebbe solo schifo. Così vediamo le spalle di un uomo, la casa di un altro, il viso di una collega, il lavoro da cameriera. Quest’ultimo lo sentiamo, soprattutto, come una capacità che alcuni corpi hanno di entrare nello spazio con sensualità , con ritmo, con un automatismo che dà l’illusione di essere nel tempo in un modo perfetto. Questa bellezza Marie la rileva e per lo più la tiene per sè, per fortuna Tierce l’ha scritta.
( Valentina Rivetti )
MEMORIE DELL’EUROPA CALCISTICA. L’ERASMUS DEL PALLONE
A cura di Federico Mastrolilli
[Edizioni InContropiede]
Dieci autori ci portano in un tour tra Sion, Brighton, Anversa e Istanbul, senza dimenticare altre tappe in luoghi considerati probabilmente marginali dai cronisti sportivi. Si parla di sport, di pallone per l’esattezza, in un genere laterale dove fantasia e verità si confondono formando una letteratura unitaria, ricordi amorosi e vita reale senza il pathos spesso fittizio che si accompagna al calcio. I guru sudamericani non li citiamo neanche, ma la non distinzione emotiva tra formazioni, stadi e semplici decisioni riflette quelle sensazioni di piacere.
In un periodo dove i blog sportivi “alternativi” si moltiplicano, non sempre ci si trova a proprio agio come quando si entra in Lacrime di Borghetti. Anche stavolta, “leggere è un dovere, assaporare un piacere”.
( Alessandro Ferri )
THE SYRIAN JIHAD
Charles R. Lister
[Hurst Publishers]
Vi ricordate che belle le primavere arabe? Quel clima di liberazione, i popoli che abbattono la dittatura ecc. Subito dopo siamo arrivati con l’etnocentrismo, non quello palese e violento, ma quello iniettato di assimilazione vellutata, veicolata nel caso specifico dai social network.
Si ritrovavano a manifestare grazie a Facebook, e da subito non ci abbiamo capito nulla.
Chi parlava diversamente era il solito cinico pessimista. Poi? Il disastro, la jihad che si insinua dappertutto e la repressione, il voto e il solito sciiti contro sunniti.
Adesso c’è la Siria al centro di tutto, in realtà lo sarebbe da anni, ma prima non fronteggiavamo lo Stato Islamico. Charles Lister, visiting fellow al Brookings Doha Center, con “The Syrian Jihad” spiega come nessun altro cosa è successo tra le violenze di Assad e i sommovimenti della galassia jihadista in Siria. Nel marasma generale, affidarsi a fonti di così alto livello è l’unico appiglio, altrimenti si affonda malamente e come compagna di viaggio rimane solo una lacerante contraddizione.
( Alessandro Ferri )
THE WHITE NEGRO. LA SOLITUDINE DELL’HIPSTER
Norman Mailer
Trad. Claudio Mapelli
[Castelvecchi ]
“The White Negro. La solitudine dell’hipster” non è un nuovo saggio su qualche nicchia tragicomica, rappresentata da influencer attivissimi sul web. Castelvecchi è l’editore abile di un ripescaggio che viene da lontano, quando Norman Mailer nel 1959, sulle pagine di Dissent, descriveva l’assonnato bianco che si immergeva (o tentava di farlo) nella cultura afroamericana. Dopo la bomba atomica e la fine delle ostilità , l’hipster americano non spendeva 20 dollari per un hamburger, ma aveva presumibilmente paura. “Tendenze psicopatiche” dice l’autore, tra violenza, paranoia, noia e malessere. Un uomo in costante contraddizione e teso verso un’esperienza fondata su regole nuove; l’azzardo e la vita folle degli afroamericani, quelli che seguono l’hip ed il jazz.
Essere marginali non è un problema, anzi rafforza la rivolta necessaria alla successiva pacificazione. Mailer rappresenta questo mondo, dove metteranno radici la Beat generation e gli hippie. Credere o no al sogno americano era il discrimine reale.
( Alessandro Ferri )
ANIMALI DOMESTICI
Letizia Muratori
[Adelphi]
Edi Sereni è un uomo che legge quello che scrivi e ti dice che nomade sardonico non è neanche un’espressione, dovresti cambiarlo. Edi Sereni è un uomo che ti lascia casa sua mentre è da qualche altra parte e dice che a lui il tuo fidanzato piace molto. Lo chiama il tuo fidanzato, mentre tu ancora stenti a farlo: è l’uomo con cui vivi, quello che ti lascia mettere qualche libro sulle mensole del suo appartamento. Ci sono delle persone che si sentono degli animali randagi, pronti a vivere sulla strada, con poche cose nello zaino e un taccuino per annotare le impressioni del paesaggio, ma che in realtà non sono che animali domestici che hanno bisogno di essere adottati: la protagonista del romanzo guarda le balene con il binocolo, ma non si avvicina più di così alla natura. “Animali domestici”, l’ultimo romanzo di Letizia Muratori, appartiene a quella categoria di libri che sanno che l’amore è una cosa che si impara a imitare e si può sezionare chirurgicamente in definizioni: non intende essere cinico, vuole solo essere più onesto di così, parlare la lingua tremenda delle scrittrici che vogliono essere mostri di letteratura.
( Sara Marzullo )
IL PARADISO DEGLI ANIMALI
David James Poissant
Trad. Gioia Guerzoni
[NN Editore]
Nel racconto più bello ““ ma è difficile scegliere ““ di questa raccolta, c’è una donna che mette da parte i soldi per quando le cose con Aaron andranno male: è amore, dice, anche se il terapeuta lo chiama assecondare. Poi, poi arrivano le api e il cielo diventa scuro, si chiude sopra di loro: se c’è un aggettivo per Poissant, deve essere religioso, perchè pochi libri come Il paradiso degli animali hanno uno sguardo tanto simpatetico con la realtà , lo stesso desiderio di registrare la vita così com’è, come un affioramento di grazia in mezzo a centinaia di sprofondamenti. La scrittura di Poissant promette di aver cura delle cose, non di cambiarle: non devi chiederti se soffrirai, perchè accadrà , devi chiederti solo se questa volta sarai abbastanza forte per alzarti dopo e continuare a vivere, ricordarti che quei momenti non sono interruzioni e che l’espressione continuare a vivere è sbagliata, perchè non smetti mai di farlo.
( Sara Marzullo )
THE WHITE ALBUM
Joan Didion
Trad. Delfina Vezzoli
[Il Saggiatore]
Nel 2015, con un discreto ritardo, mi sono accorto di Joan Didion. E mi sono reso conto che è, forse, tra le migliori scrittrici viventi. Alla fine dell’estate è uscito “The White Album (il Saggiatore)”, un libro del 1978 in cui sono raccolti «pezzi, o saggi, se preferite» usciti su magazine come Vogue, Esquire, Life. Dentro “The White Album” ci sono le schegge del decennio ’60 – ’70: Didion vive quegli anni, ci passa attraverso e li racconta.
Il pezzo che apre la raccolta (e le dà il titolo) ha un incipit potentissimo: «Noi ci raccontiamo delle storie per vivere». In questa frase (e nelle due pagine e mezza che la seguono) c’è una dichiarazione di poetica, ma c’è anche la chiave di lettura dell’intera raccolta (e, forse, di tutta la scrittura di Joan Didion, fiction inclusa). Ci raccontiamo storie per vivere e per comprendere quello che viviamo, creando nessi causa-effetto tra gli eventi, cercando di ordinarli in una struttura coerente che conduca a una risoluzione e a una comprensione e pure a un messaggio etico, a volte. Ma può succedere che tutto questo non basti più. Può succedere che la nostra vita sia composta da pezzi di un puzzle che non si incastrano tra loro per comporre un’immagine chiara. Può succedere anche che i nessi di causa-effetto non ci interessino più perchè, effettivamente, non ci sono e le esperienze si mostrano nude per quello che sono: puntini slegati l’uno dall’altro che non mostreranno nessun disegno se proviamo a unirli. Può succedere che quella linea narrativa che, imposta sulla vita, ci permette di stare su binari sicuri di comprensione (e accettazione) della realtà , salti del tutto. E allora raccontare storie diventa un’esperienza in sala di montaggio. Una sequenza non è legata all’altra dalla semplice consequenzialità . Spesso tra una sequenza e l’altra, in realtà , un legame vero e proprio non c’è. Anzi, l’unico legame possibile resta lo sguardo di chi le ha vissute.
La scrittura di Didion in sala di montaggio è un’esperienza «molto più elettrica che etica».
Ma forse per capire quello che intendo dovreste prima leggerla.
( Sebastiano Iannizzotto )
LA DISTANZA
Baronciani e Colapesce
[Bao Publishing]
Premessa: sono nato in Sicilia ventisei anni fa; da quasi cinque anni vivo lontano dall’isola e ci torno per brevi periodi.
Potete capire, quindi, che con me La distanza di Baronciani e Colapesce ha vinto a mani basse.
Mi è sembrata una sintesi perfetta di Antonioni e di un racconto on the road: silenzi, primi piani, inquadrature lunghe e un viaggio in Sicilia con una colonna sonora meravigliosa: Uzeda, Galaxie 500, Bark Psychosis, Cure, Swans, Smiths, Radiohead (senza contare quello che sta diventando il Primavera Sound siculo, ovvero l’Ypsigrock).
La distanza del titolo è sia fisica, misurabile in centimetri e metri e chilometri, sia emotiva. è qualcosa con cui i ventenni e i trentenni devono fare i conti. Ancora di più se sono nati in un’isola: la distanza, allora, è qualcosa che fa parte del tuo corredo genetico. è sempre tutto un po’ più lontano: relazioni, affetti, ricordi. C’è sempre uno spazio fisico ma soprattutto emotivo tra te e gli altri, tra te e i luoghi, tra te e quello che sei stato e quello che sei e quello che sarai.
Le citazioni disseminate nel libro (da “L’avventura” di Antonioni, da Sgalambro, Goethe, Bufalino, Maupassant, Rosa Balistreri) fanno da cassa di risonanza sia a una Sicilia che, disegnata da Baronciani, assume i contorni di un’essenzialità ancora più mitica, che agli stati emotivi attraversati da Nicola, protagonista e alter ego di Colapesce.
Il viaggio porta a una consapevolezza raggiunta solo alla fine, in un aeroporto. Poteva esserci un luogo migliore? Nella vita di un siciliano tra i venti e i trenta l’aeroporto è uno snodo emotivo (e narrativo) centrale. Il non luogo per eccellenza, il regno dell’impersonale, si carica sempre di una tensione del ricordo e apre la strada a una tempesta di stati emotivi che portano a epifanie (ma più spesso a lacrime trattenute).
Odio le definizioni come «racconto generazionale» o «voce di una generazione». Anche perchè la mia generazione è così dispersa che una voce sola non può averla. Ma La distanza è riuscito a fotografare un certo stato d’animo che, mi pare, non sono l’unico a provare.
Poetico e mai enfatico, ha l’essenzialità del racconto mitico e la malinconia di un ricordo.
( Sebastiano Iannizzotto )
PUTTANE ASSASSINE
Roberto Bolaà±o
Trad. Ilide Carmignani
[Adelphi]
Sin dal titolo, questa raccolta di racconti di Roberto Bolaà±o è violenta, volgare, sboccata e confonde. Violenta perchè la parola assassine rievoca in maniera inequivocabile la morte, volgare e sboccata perchè l’autore utilizza l’insulto peggiore verso il popolo femminile e quindi destinata a confondere. Tredici racconti che sintetizzano la narrativa e la vita dello scrittore cileno. In alcuni il protagonista è B (non a caso la lettera iniziale del suo cognome), che così come gli altri personaggi è identificato solo con una consonante o vocale.
In queste storie c’è una forte vicinanza con episodi realmente accaduti: la condizione di esule che non riesce a integrarsi pienamente con gli altri nella sua stessa condizione, il curioso rapporto con il padre che si comporta più da figlio che da genitore.
In altri racconti come in “Prefigurazione di Lalo Cura” (in spagnolo locura significa la follia) uno dei protagonisti è lo stesso di una parte del romanzo 2666. Nel racconto “Fotografie” troviamo Arturo Belano, suo alter ego, già protagonista de I detective selvaggi.
Bolaà±o narra le storie surreali di personaggi solitari, che spesso non si trovano a loro agio nella realtà in cui vivono e non riescono a interagire con gli altri e per questo motivo vivono distaccati cercando un po’ di effimera felicità durante rapporti occasionali o tramite la lettura di libri. Un ottimo libro per approcciarsi alla letteratura di Bolaà±o, autore complesso dotato di una fantasia mostruosa e di uno stile asciutto, riflessivo e ironico, narrato con occhio distaccato e disincantato. Il racconto «Puttane assassine» narra di una ragazza, una giovane donna, che sequestra e tortura un uomo sconosciuto, visto in televisione in mezzo ad altri tifosi durante una partita di calcio. La vittima sacrificale è ignara della motivazione, la sua unica colpa è quella di appartenere al genere maschile. Subisce, però, la crudele vendetta per il dolore sofferto in passato dalla ragazza, che vuole vendicarsi su un uomo qualsiasi, senza particolari reclami. L’impatto è spaventoso, terribile e, purtroppo per questo, molto attuale. Bolaà±o racconta, non spiega, non ci dice cosa sia giusto o sbagliato, ci immerge nella realtà dominata dal caso e ci lascia giudicare, rendendoci inconsapevolmente complici e vittime.
( Claudio Marinaccio )
IL GRUPPO
Joseph O’Connor
Trad. Elisa Banfi
[Guanda]
Il fascino dei gruppi musicali, del suonarci insieme e di tutte le conseguenze letali del caso dominano da un po’ di tempo le idee di scrittori, registi e sceneggiatori. L’esagerazione potrebbe far diminuire la fascinazione per le storie di giovani pronti a metter su una band e provare ad uscire dall’ideale di vita piatta e senza emozioni. Sarà che ci son passato anch’io per sale prove e concerti, e quindi ho un debole per i romanzi suonati, ma al di là della proporzione di musica presente nella vita di ognuno, ogni lettore impegnato alle prese con questo romanzo resterà affascinato e coinvolto. L’autore, che non scopriamo sicuramente oggi nè tantomeno ricordiamo per la sorella cantante, ci fa rivivere le due estasi contrastanti di chi vive di musica: l’ingenuità di «quando tutto ti sorprende e niente di appartiene ancora» e il ricordo di tutto quello che è stato. Ed è così che il romanzo scorre attraverso l’entusiasmo, il tempo devastatore e i fantasmi: in questo si sa che gli scrittori contemporanei anglosassoni hanno una marcia in più; le trame e i personaggi sono così potenti che durante la lettura si vuole sempre tornare indietro perchè si teme d’aver perso qualche dettaglio importante. Colonna sonora fatta di grandi classici del rock, numerose citazioni e simpatici camei di artisti notevoli, e poi il fascino della periferia di Londra. Curiosità : la versione Ebook permette di leggere il romanzo con tanto di playlist.
( Angelo Soria )