Chi ha avuto modo di recuperare la quarta un po’ negletta stagione di “The Killing”, quella in cui la detective Sarah Linden deve fare i conti con le conseguenze dell’omicidio di Skinner, avrà già avuto modo di ascoltare la musica degli australiani The Jezabels. E’ la loro “Peace Of Mind” infatti ad accompagnare gli ultimi momenti tra Sarah e Holder, proprio alla fine dell’ultimo episodio. Bella colonna sonora per dire ciao a due personaggi tormentati a cui però si finisce per affezionarsi. E ci si affeziona anche alla musica di Hayley Mary McGlone, Heather Shannon, Nik Kaloper e Sam Lockwood che, arrivati al terzo album di studio, dimostrano di aver raggiunto la piena maturità .
“Synthia” è un po’ la naturale conclusione della trilogia iniziata con “Prisoner” e proseguita con “The Brink” alla scoperta del lato più oscuro del pop rock. Un’epopea tutta la femminile in cui Hayley Mary fa i conti con gli alti e bassi dell’esser donna oggi, sotto i riflettori e a casa propria. Sexy o romantica? I The Jezabels provano a rispondere destreggiandosi tra cuori infranti e istinti da predatrice 2.0, vulnerabilità e voglia di farla vedere al mondo là fuori. Viaggiando a cento all’ora in un tripudio di cupi sintetizzatori anni ottanta che Heather Shannon sa far rendere al meglio. Ritmi sincopati e ballate dal gusto un po’ gotico, melodie dark pop e la voce di Mary McGlone che non ha mai ricordato così tanto quella di Chrissie Hynde con un pizzico del pepe di Siouxsie in “Pleasure Drive” e “My Love Is My Disease”, ma solo un pochino.
E’ un disco solido e compatto “Synthia”, una piccola epopea in nero e rosa suonata con grinta in un crescendo continuo tra luce, buio e penombra. Tante facce quante ne ha la luna e “Synthia” è appunto la dea greca della luna. “Prima mi lasciavo avvolgere dal mistero e dal linguaggio del romanticismo, interpretavo i vari ruoli che riflettevano il mio modo di sentirmi donna. Ora penso di poter essere più diretta” ha detto Mary McGlone presentando l’album. Missione compiuta.