Dicono che tra marzo e aprile arrivi, implacabile, la primavera. E non c’è modo migliore di salutarla di un disco dei Woods, piccoli sciamani della psichedelia folk che sanno come pochi altri far musica in grado di accompagnare il primo sole caldo e il ghiaccio che si scioglie. Questa volta aprono le danze con un titolo un po’ da romanzo (“City Sun Eater In A River Of Light”) anche se in realtà il mood di questo disco numero nove poco ha di romanzesco. E’ come se i Woods si fossero presi una pausa da NYC e fossero andati a trascorrere lo spring break tra il Messico, Cuba, il Brasile e New Orleans, tornando a casa con percussioni, trombe e maracas nella borsa. Un sacco di idee in testa e molto da raccontare.
Rinunciando, per l’occasione, alla sintesi estrema di “Bend Beyond” e alle riflessioni super rifinite di “With Light And With Love” per tornare, almeno in parte, alle lunghe jam e agli esperimenti sonori dei primi dischi (“Sun City Creeps” pericolosa e jazzata e “Can’t See At All” lo dimostrano). Ma dentro “City Sun Eater In A River Of Light” ci sono anche i Woods dalla sensibilità più pop, dolci e col falsetto incorporato che mai come ora ricordano i Mercury Rev migliori in “Creature Comfort” e “Morning Light”. Tutto qui? No, nemmeno per sogno. I Woods hanno in serbo altre sorprese nella seconda metà dell’album dove si mettono a sperimentare sul serio tra suggestioni orientali, piccoli movimenti psycho funky, distorsione e l’ottimismo di “Politics Of Free”. In “Hollow Home”, “The Take” e “I See In The Dark” invece si risente il calore, l’ispirazione, la magia dei tempi migliori quando meno la si aspettava ed è un piacere. Questa è la band di “At Echo Lake”, con un sound meno claustrofobico.
I Woods versione 2016 sono rinvigoriti, di ottimo umore, con infinita voglia di suonare e persino di ballare un po’. Capaci di osare, di tirare le somme, di usare lo studio di registrazione a proprio vantaggio dopo anni di lo-fi. Di mediare tra il presente e il passato, tra gli anni settanta e il duemila e di uscirne vincenti, Morriconiani come non mai. Meravigliosamente persi tra Messico, nuvole, saudade, Mercurio e la parte più chiara della luna. Che altro dire? Welcome to “The Other Side”, quello luminoso. O per dirla come i Woods: Hello sunshine. River bend n river blind. We take the take. Reborrow time. Get lost in each other. Get lost with it all.