Spesso lo stato di salute di una band può essere misurato in maniera più accurata attraverso l’analisi di quei cosiddetti “dischi minori”, spesso infatti essi ci dicono ben di più di quanto potrebbero fare i capolavori universalmente riconosciutici, specie se si è capaci di saperli ascoltare nel modo giusto.
Che gruppo sono i Tindersticks di inizio nuovo millennio? Finiti gli anni novanta Stuart Staples e soci si trovano a dover affrontare tutte le critiche piovute loro addosso dopo la pubblicazione di “Simple Pleasure”, lavoro successivamente da essi stessi disconosciuto.
Addetti ai lavori e fans si chiedono che fine abbia fatto il suono cupo, ossessivo ed allo stesso tempo elegante della band, e soprattutto: perchè-a tratti- “Simple Pleasure” si permette quasi quasi di essere un disco leggero e ottimista? Domande alle quali i Tindersticks cercano di rispondere in maniera soddisfacente nel maggio duemilauno dando alle stampe “Can our love”.

Certo deve essere davvero difficile per un gruppo dover costantemente confrontarsi con sè stesso e con il proprio ingombrante passato, la situazione in cui quindi si trovano i Tindersticks pertanto non deve essere stata molto differente da quella affrontata precedentemente da Dj Shadow dopo l’enorme successo del suo “Endtroducing” : Come fare ad andare avanti quando hai già  pubblicato al tuo esordio il tuo capolavoro, quel genere di disco che di solito corona lunghe carriere ? E se si tratta di ben due immensi dischi come nel caso della band londinese ?
I due album omonimi targati rispettivamente novantatrè e novantacinque si stagliano perciò minacciosi come quelle torri gemelle che sarebbero drammaticamente crollate da lì a pochi mesi, e per la band di “Jism” e “Tiny Tears” l’uscita di “Can our love” rappresenta il più fatidico dei banchi di prova per il proseguo della carriera.

Ci sono copertine che trasmettono un mondo, un modo di vivere la vita e la musica, il “respiro” delle tracce che andremo ad ascoltare, penso alla magnifica cover di “Let it be” dei Replacements ad esempio, o a quella del sopracitato “Endtroducing”: sono scatti e immagini che catturano meglio di qualsiasi recensione quello che gli autori vogliono trasmettere, spesso tutto quello che c’è da dire su di un disco è lì, sotto i nostri occhi e c’è davvero poco da aggiungere.
Sulla copertina di “Can our love”campeggiano in primo piano i volti assorti e malinconici di un uomo e di un asino, il plumbeo bianco e nero usato rende se possibile ancora più intensa e singolare questa immagine che accomuna uomo e animale nella stessa meditabonda espressione.
La cifra di lettura di queste otto nuove composizioni è come di tradizione la malinconia, sono brani questi che si muovono nell’ombra dell’abbandono come in quella della disillusione, con Stuart Staples e soci che comprendono pienamente che cercare di ricreare la maestosità  dei primi lavori poteva rappresentare un possibile fallimento, i Tindersticks decidono pertanto di riprendere il canovaccio di “Simple Pleasure” e correggerne il tiro: nascono così brani che hanno sì una struttura e un’anima soul come nel predecessore, ma che godono di una scrittura più solida e soprattutto asciutta che ne asseconda del tutto l’anima decadente ed elegante.
Potremmo parlare di “Motown Noir” per composizioni come l’iniziale “Dying Slowly” o la seguente “People keep coming around”, brani più che convincenti che aprono il disco sciogliendo ogni dubbio sullo stato di salute del gruppo, seguiti dalla voce tremolante nell’oscurità  di “Tricklin'”(anche qui come in molte delle migliori interpretazioni di Staples la sua voce pare sempre sul punto di spezzarsi in un pianto), fino al Nickeviano finale salmodiante di “Chilitetime”.

Con “Can our love” i Tindersticks inaugurano idealmente la seconda parte della loro carriera, abbandonandosi alle spalle le precedenti incertezze-le quali faranno di nuovo capolino solo in “Waiting for the moon”del duemilatrè- e infilando tutta una serie di lavori di pregevole fattura come la colonna sonora di “Trouble every day”(pretenzioso horror francese interpretato da Vincent Gallo), l’ottimo “The Hungry Saw” del duemilaotto, fino al recente “The Waiting Room”, forse il loro lavoro migliore sin dai tempi dei due inarrivabili album d’esordio, segno di una vitalità  artistica e di una vena creativa ben lontane dall’esaurirsi.
I Tindersticks sono proprio come il placido asino della copertina di questo disco, mesti e imperscrutabili ma capaci di farci perdere negli abissi oscuri dell’anima evocati dagli occhi neri e profondi dell’animale, sta a noi essere capaci di ascoltare il loro sussurrare per placare la nostra disperazione e i nostri turbamenti interiori.

Data di pubblicazione: 21 Maggio 2001
Registrato: 1995″“1996
Tracce: 8
Lunghezza: 45:41
Etichetta: Beggars Banquet US
Produttori: Tindersticks e Ian Caple

Tracklist:

1. Dying Slowly
2. People Keep Comin’ Around
3. Tricklin’
4. Can Our Love…
5. Sweet Release
6. Don’t Ever Get Tired
7. No Man in the World
8. Chilitetime

Ascolta per intero “Can Our Love…”: