Non sono qui a parlare di John Carpenter in qualità di regista: non ne ho le competenze ed, in ogni caso, non sarebbe questo il luogo adatto.
Per quanto io non sia un esperto di pellicole e considerando il fatto che non sono assolutamente un amante del genere horror mi sono approcciato a questa recensione spinto unicamente dalla mia più genuina curiosità nel trovarmi di fronte alla storia singolare di un signore di sessantotto anni che, pur essendo presumibilmente appagato dalla propria vita, decide di reinventarsi completamente come compositore a tempo pieno.
C’è una sottotraccia, una vena poetica neanche troppo leggera in tutto ciò.
Una bella storia all’insegna del non è mai troppo tardi che mi ricorda le vicende di Giampiero Ventura, coetaneo di Carpenter, novello sposino e nuovo Commissario Tecnico della Nazionale Italiana.
Insomma, esistono obiettivi, punti di svolta che travalicano quella che è il nostro modo di concepire l’andamento della vita.
Tralasciando la carica emotiva però, “Lost Themes II” rimane un insieme di tracce che non mi convince.
Un insieme di ambienti, camere, di musica electro-rock che vanno a delineare varie situazioni di ipotetiche pellicole.
Il filo conduttore è quello di una composizione ben centrata ed elegante, che riesce ad essere a più riprese potente (come nella prima traccia “Distant Dream”) o, più raramente, rarefatta ed emotiva (“Hofner Dawn”).
Il tutto poi è avvolto da una patina retrò che vive di rimandi alle sonorità degli ultimi anni ’70 e degli inizi degli anni ’80.
Per quanto tutto sia particolarmente a fuoco e ben fatto risulta asettico a più riprese: riprendendo temi della musica di ormai quasi quarant’anni fa, senza reinventarli alla luce di quella che è la realtà che viviamo, il distacco è semplicemente inevitabile.
Anche i momenti più ispirati, come “Angel’s Asylum”, finiscono per sembrare troppo distanti per poter essere assimilati.
Rimane la sensazione di un lavoro ben fatto ma di cui non se ne sentiva il bisogno, invecchiato male prima di venire alla luce.
Durante l’ascolto mi è tornato in mente un album di qualche anno fa, “Audio Video Disco” dei Justice.
Da parte mia al tempo le aspettative erano altissime, essendomi approcciato per la prima volta alla musica elettronica ascoltando proprio il loro primo (ed unico) capolavoro sono sempre stato molto affezionato ai due produttori francesi.
Quello che però al tempo avevo trovato tra le tracce era una concezione della musica elettronica che fosse meno dipendente dalla realtà dei club e più in linea con le chitarre ed i suoni del passato.
Lì per lì mi ero obbligato a farmelo piacere e avevo visto in questo stravolgimento un coraggioso tentativo nel non essere limitati dall’idea che l’industria musicale si era fatta del fenomeno Justice.
La verità però viene sempre a galla con il senno di poi e sappiamo tutti che brutta fine ha fatto “Audio Video Disco”. Dimenticato dai più, mal sopportato dagli altri.
In “Lost Themes II” rivedo una parabola analoga, cioè quello di riproporre la musica che fu, piuttosto che provare ad indovinare quella che sarà .
E non ci vedo nulla di male, assolutamente. Solo una realtà poco appassionante, in contrasto con quelle che erano le aspettative che riponevo nel lavoro.