“The Exodus Suite” è il settimo album in studio per questa trentaseienne inglese cresciuta a pane e Julee Cruise, un lavoro stilisticamente molto variegato, dove una voce affascinante ed evocativa viene messa al servizio di dodici composizioni altrettanto accattivanti.
Anche in questo ultimo lavoro le coordinate della musica di Gemma Ray tracciano un percorso che si muove dal pop noir di “The original One” alla calda psichedelia di “Hail Animal”, passando per le svisate surf di “Ifs & Buts”, tutti brani che denotano un’eleganza fuori dal comune per un’ artista che al di fuori dal circuito indipendente riuscirebbe a dire la sua anche confrontandosi con nomi più conosciuti ma meno dotati come quelli di Adele, Lana Del Ray o Anna Calvi.
Ciononostante l’ascolto di questo ottimo disco lascia l’impressione di avere di fronte una musicista a metà del guado, che deve scegliere se appunto giocare il campionato dei grandi numeri avendone le capacità o continuare a muoversi nei tormentati territori della malinconia e delle inquietudini esistenziali di un cantautorato Nickeviano per intenderci, per la quale forse deve ancora sporcare un’ ugola fin troppo cristallina e dai contorni ancora troppo poco sofferenti.
La stoffa c’è, è ben messa in evidenza da brani complessi e intensi come “The Machine”, “We do war” e soprattutto dalla magniloquenza di una “Shimmering” che non sfigurerebbe affatto se impiegata all’interno della colonna sonora di un futuro film di James Bond. Quello che tuttavia manca ancora a mio avviso è un pugno di canzoni davvero potenti e memorabili, capaci fare da grimaldello e scardinare finalmente la porta che tiene divisi Gemma Ray e il definitivo successo.