Non esiste festival senza pioggia, perlomeno, non esiste un festival che si rispetti senza la pioggia. Il termine festival sembra implicitamente contenere in sè anche le avversioni meteo. Insomma, se in una regione generalmente afflitta dalla siccità come la Sicilia piove ad un festival a questo punto ,veramente, cosa manca all’Ypisigrock? Niente.
Eravamo felici, non aspettavamo nient’altro che i concerti del sabato, la notte avevamo dormito bene, l’atmosfera del festival ci aveva ormai totalmente pervasi. Conoscevamo la gente, conoscevamo il paese, la mattinata era stata produttiva, colazione, doccia, spesa(un pacchetto di Camel Blu). Il cielo era ancora terso ma nell’aria si respirava qualcosa di diverso, qualcuno timidamente alludeva alla possibilità di un temporale, l’impossibilità di accedere ad internet rendeva del tutto inutile la pur sempre imprecisa applicazione del meteo sull’Iphone. Puntuale come un esattore delle tasse la pioggia si presenta nel primo pomeriggio carica come suo solito di negatività e cattivi presagi, i disagi con la tenda, le cartine bagnate.
Dal camping al parcheggio della navetta bisogna percorre una strada non superiore ai 300 metri, 300 metri che bastano per farci arrivare in paese completamente fradici. I ragazzi dello staff, stoici, dirigono il traffico sotto l’acqua. Arriviamo in paese in ritardo rispetto al giorno precedente ma i concerti al chiostro erano ormai stati annullati per avverse condizioni meteorologiche . Ci rimane de tempo libero, decidiamo di dedicarlo alla ricerca delle famose Teste di turco. Le acquistiamo nella più rinomata pasticceria del centro e le gustiamo al riparo nel sagrato della chiesa della piazza antistante. Il cielo rimane plumbeo ma pare abbia smesso di piovere, in botta glicemica da glucosio e cannella ci dirigiamo verso l’ex chiesa per il primo concerto della giornata.
Federico Albanese è un fantastico pianista italo tedesco, la versione hipster dei forse più immeritatamente famosi Allevi ed Einaudi. Anche per lui vale la stessa formula dei Birthh, la magia della musica è accresciuta dalla magnificenza della location. L’esibizione ha di per sè qualcosa di sacrale e in effetti sarà l’unico concerto nell’ex chiesa a non avvalersi delle istallazioni luminose. La figura di Federico sul palco è più che sufficiente e penso a come sarebbe bello poter assistere ad un suo concerto posto in una posizione analoga a quella dell’organo sfruttando così l’originale impianto acustico della chiesa (sempre che quest’ultima sia stata progetta per ospitare un organo), in una posizione talmente sopraelevate da renderlo invisibile ed essere costretti ad apprezzare la sua esibizione esclusivamente attraverso l’udito. Durante la sua ultima canzone il portone della chiesa si spalanca lasciando trapelare un unico raggio di sole che illumina l’intera struttura. Ci attende tramonto soleggiato , il finale perfetto per una delle prestazioni più belle ed intense di questo Ypisgrock.
I Niagara li conosco bene li ho già visti più volte. La loro esibizione come al solito perfetta ha un unico difetto, dura troppo poco, ci perdiamo così buona parte del concerto. Assistiamo invece per intero alla performance dei LUH, carucci e carismatici, e dei Grandbrothers ,il duo tedesco chiamato all’ultimo momento per sostituire i ben più famosi Kiasmos, una specie di elettronica col pianoforte, probabilmente più adatta a degli scenari più contenuti di quelli del castello. La quiete prima della tempesta a tutti gli effetti,con i Crystal Castle, infatti, ricomincerà a piovere per davvero.
Niagara – foto AlmaLa serata del sabato è quella adibita alla musica elettronica e, in quest’ottica, il “duo” canadese e quanto di meglio il panorama internazionale possa offrire. Ok, ci saranno sempre i soliti detrattori pronti ad ammettere che la formazione di Toronto è solamente capace di proporre caos e ci saranno sempre i soliti retrogradi che troveranno inclemente un confronto con headliner storici come i Moderat ma insomma, piove e fa freddo, i Crystal Castle continuano ad infuocare la folla, la gente continua a ballare. Hanno decisamente vinto loro. Il live è potente, le luci epilettiche, i contorni della serata sfumano in un gigantesco rituale pagano, una prassi sciamanica, una specie di danza delle pioggia al contrario. Coinvolto dalle mie due bariste preferite persino io comincio a saltare.
Il cielo è stato scontroso per tutta la durata della loro esibizione ma non ha mai raggiunto livelli d’antipatia tali da rendere inagibile il concerto. Le avverse condizioni meteo hanno reso il rientro con la navetta un po’ più frettoloso, un po’ meno rilassato del solito. Speriamo che il tempo possa reggere, in cima alla collina ci aspetta il dj set che attendavamo di più, Capibara.
Le attese non vengo disilluse, Capibara attira gente dal paese seppur i presupposti non fossero dei migliori. Il piccolo palco del campeggio era completamente fradicio, i ragazzi dell’Ypsigrock si sbattono per risolvere al meglio tutti i problemi e garantire il meritato divertimento alla gente normale come noi ma anche alla peggior after people che aspettava muta sottopalco l’inizio del concerto, la stessa gente che sempre sottopalco ritrovavi alle otto del mattino e che continuava a ballare con lo stesso guardo assente da zombie mentre tu facevi colazione. Capibara attacca con un’oretta di ritardo sul programma, alcuni inevitabile problemi tecnici e la totale assenza di prove non minano la credibilità della prestazione, è il miglior producer italiano, lo dimostra ancora una volta.