E’ stato accolto con giudizi importanti, il ritorno di The Album Leaf dopo sei anni dall’ultimo disco in studio. “Between Waves” – che abbiamo recensito qui – ci è piaciuto a tal punto da suscitare più di qualche curiosità sulla vita e le ispirazioni di Jimmy LaValle, frontman di un progetto nato sotto il sole della California nell’ormai lontano 1998.
Questo nuovo lavoro è giunto dopo un periodo di silenzio piuttosto lungo. “A Chorus of Storytellers” aveva fatto calare il sipario sulla produzione di LaValle, che comunque nel corso di questi anni non si è certo spento da un punto di vista artistico. Ne abbiamo parlato in una lunga intervista, volta a ripercorrere le principale tappe di una splendida carriera, tra rimpianti e sogni per il futuro.
“Sono passati sei anni. Sono stato bene, non posso certo negarlo, dato che mia moglie in questo lasso di tempo ha dato alla luce due bimbi, che mi hanno impegnato non poco. Non lo definirei un vero e proprio ‘hiatus’, perchè sono stato occupato con la musica e la genesi di questo disco risale al 2013, subito dopo aver ultimato “Perils From the Sea” (album scritto a quattro mani con Mark Kozelek, n.d.r.). Il tutto era pronto nel 2015″.
E a questo punto mi sembra che The Album Leaf non più un progetto solista, bensì una vera e propria band.
“Non è proprio così, in realtà . – racconta Jimmy – Il songwriting, gli arrangiamenti e la produzione sono ancora interamente nelle mie sole mani. E’ ancora il mio progetto ma ho sempre avuto una band per i live set. C’è stata un po’ di rotazione nel corso degli anni, ma la lineup attuale è stata la stessa negli ultimi sei anni. Chiedo sempre a tutti di portare idee e contributi nella stesura dei pezzi che scrivo. Anche oltre i musicisti che compongono la band live in questo momento, ci sono altri artisti con i quali continuo a collaborare. E’ un po’ come raccogliere vari pezzetti e poi comporre il prodotto finale, processo sul quale lavoro in maniera autonoma”.
Tra i vari altri cambiamenti, ecco il passaggio a Relapse Record, dunque. Come può un progetto di pura “indietronica” (perchè l’etichetta post-rock a Jimmy non piace) legarsi a un’etichetta così orientata al metal?
“Haha, ti ringrazio. Decisamente, non sono un fan della definizione post-rock. Dirò di più, non penso proprio il mio suono stia evolvendo in quella direzione. Tuttavia, apprezzo il lavoro che Relapse sta facendo, soprattutto nel seguire band quali Nothing, Survive, Zombi e altre. Non la loro classica corrente metal, ma band con un suono un po’ più ruvido del nostro. Questa diversità mi stimola, mi piace pensare a un nuovo percorso da intraprendere”.
Tornando a “Between Waves”, come è stato concepito questo disco?
“Ho scritto molto. Davvero molto. Ho prodotto una miriade di sketches, idee, pensieri, annotazioni. Abbiamo preso da un po’ tutto il materiale a disposizione. Parlo al plurale perchè, come detto, tutti i ragazzi della band hanno accesso a questo materiale e abbiamo lavorato al tutto sulla base delle idee che ho personalmente illustrato loro. Questo processo, che può sembrare elaborato, in realtà mi ha aiutato perchè avevo moltissime idee sul tavolo e non riuscivo a concentrarmi. Abbiamo chiuso il cerchio su 14/15 pezzi, quindi raffinato il tutto. Nono mi piacciono i dischi troppo lunghi. Un po’ mi dispiace che questo disco esista in versione Deluxe nei servizi di streaming, perchè l’ho concepito come un lavoro di 8/9 brani, tutti dritti al punto. La soglia di attenzione all’ascolto si è abbassata, del resto…”.
Non c’è solo Mark Kozelek nel libro delle collaborazioni di Jim LaValle. C’è anche Peter Broderick in “Never Held a Baby”, ad esempio.
“E’ vero”.
Come è mutata, allora, la tua creatività – soprattutto alla luce di “Between Waves” – dopo aver lavorato al fianco di artisti con background differenti?
“Continuo a imparare qualche nuovo trucco, il segreto è tutto lì. Le mie orecchie iniziano a focalizzare su determinati suoni. Ad esempio, mi sono buttato a capofitto sulla mia Casiotone 601, mentre lavoravo a “Perils From the Sea”. Questo ha ispirato una nuova tendenza a usare il lead, ad esempio. In più Peter e Dave Lebleu (il batterista di The Album Leaf), hanno suonato la Juno 60 in modi differenti, che ora spuntano qua e là nel disco”.
Chiudo gli occhi, ascoltando “Between Waves” e mi pare di toccare con mano un certo filo rosso con i capolavori degli esordi, “Into The Blue Again” e “In A Safe Place”. C’è, dietro la scena, una certa volontà di fare qualcosa che si avvicinasse agli inizi?
“In realtà no, perchè cerco sempre di guardare avanti, scrivendo un nuovo disco. C’è decisamente un suono che mi identifica e fa parte di me, ma cerco sempre l’evoluzione. Il mio orecchio è particolarmente incline a una certa progressione di accordi e melodie, quindi una connessione con lavori passati può saltar fuori, ma cerco di pensare in maniera fresca, sempre.
Ci sono un paio di pezzi che mi piacciono particolarmente. “New Soul” è uno di questi, perchè suona come un brano introspettivo, in cui Jimmy sembra suggerire di uscire dalla propria zona di comfort e procedere verso la vita.
“Esatto. E questo descrive la mia vita in questo momento. E’ facile cadere nella routine e nel comfort. Mi definisco come una persona molto casalinga e sono scivolato in una fase di totale improduttività tra gli ultimi dischi. Mia moglie mi ha spinto a lavorare e concentrarmi e ora essere padre mi porta a dovermi adattare a nuovi ritmi. Sono molto più produttivo, lavoro durante il giorno, dalle 9 alle 5, mi do’ degli obiettivi e degli stimoli. Lavoro a tempo pieno nel mio studio e, credetemi, è una bella sensazione”.
Di questo pezzo, per altro, mi ha impressionato anche il video, diretto da Michael Raines. C’è anche il tuo zampino nella produzione?
“Il video è nato da un’idea di Michael. Gli attori sono in verità amici nostri. Il bambino, ad esempio, è l’amico del cuore di mio figlio. Mia moglie è una filmmaker, la moglie di Michael è anche sua partner lavorativa. Siamo amici molto stretti e abbiamo una visione particolarmente vicina. E’ stato un lavoro portato avanti assieme e ben organizzato. Eravamo tutti li, sempre, durante la produzione.
Eccoci a “Lost in The Fog” e “Between Waves”, le tracce conclusive, sembrano dipingere due diverse tipologie di sensazione. C’è un po’ di malinconia, o forse paura, all’inizio, mentre la tensione si dipana poi.
“C’è una certa intensità , lungo l’intero percorso dell’album, ma il pezzo finale è un po’ la risoluzione. ‘Moonlight fades from my sight, sunshine blinds my eyes / Nightmares running through my mind, sunlight, I’m still here’, le liriche parlano del lasciar andare l’insicurezza e del ritrovarsi in uno stato di maggiore libertà . Questo aiuta a procedere nella vita senza doversi preoccupare. Facile a dirsi, più che a farsi, lo so…”.
Un salto indietro nel passato, ancora una volta, e vediamo Jimmy LaValle suonare in svariati altri progetti tra noise, shoegaze e rock quali Locust, Tristeza, ma anche gli Swervedriver di Adam Franklin e Sam Fogarino (Interpol). C’è ancora spazio per qualcosa del genere in futuro?
“Mi piacerebbe molto, davvero. Trovare il tempo, però, sarà difficile, perchè ora come ora il mio focus è la famiglia, con The Album Leaf e il mio lavoro sulle soundtrack per i film. Sai, ci sono esperienze del passato che hanno dato forma alla mia personalità quale artista, anche e soprattutto nello stile. Anche gli anni a suonare nell’orchestra nella scuola hanno forgiato la mia anima di musicista, per dire. Mi sorprendo ancora, a pensare che ciò che faccio è The Album Leaf. Ho la sensazione, a volte, di aver perso un treno importante per fare dell’altro, e forse da questo nascono tutte le più recenti collaborazioni. Ho la testa piena di idee e spero di dare loro forma nel corso dei prossimi mesi. Sono pieno di gratitudine e orgoglio per ciò che ho in questo momento e quello che ho fatto nel corso del tempo”.
Una curiosità : hai già spiegato diverse volte come sei entrato in contatto con i Sigur Ròs e come la tua amicizia con Jonsi sia cresciuta e si sia mantenuta nel tempo. Cosa pensi di loro e dei prossimi passi sulla scena musicale?
“La mia amicizia, in realtà , è con tutti loro. Non lo nego, mi manca vedere Kjartan lassù sul palco, ma sono estasiato nel vedere cosa stanno facendo gli altri tre oggigiorno. E’ fantastico vedere (e ascoltare) il loro progresso musicale anche sul piano della produzione visual sul palco, che è a livelli eccezionali, attualmente”.
What’s next, dunque? Cosa farà Jimmy LaValle e cosa ne sarà di The Album Leaf nel prossimo futuro? Qualche sogno nel cassetto?
“Ho in cantiere parecchia musica. Ho dato alla luce la mia etichetta, EGR (Eastern Glow Recordings) e produrrò parecchio materiale ambient che mi è rimasto in archivio e non ha trovato posto nei miei precedenti album come The Album Leaf. In più ci sarà qualche re-issue di materiale più vecchio, finito fuori stampa e delle mie colonne sonore. Senza scordare, naturalmente, qualunque artista, musicista o band che avrò la fortuna di incrociare e che mi farà capire di avere quel qualcosa in più”.
Idee chiare, questo ragazzo, che ringraziamo per l’enorme disponibilità a concederci questa intervista. Lo salutiamo, lasciandolo godersi il successo di un progetto solito e longevo quale The Album Leaf, prima di tornare a fare il mestiere più bello del mondo. Il musicista? Si, ma anche papà a tempo pieno.
Photo Credit: Bil Zellman