Diciassette anni.

Tanta è stata l’attesa per vedere American Football dare un seguito allo straordinario self-titled album d’esordio. Anno  1999: Mike e Nate Kinsella, Steve Holmes e Steve Lamos davano  alla luce un disco destinato a squarciare i cieli della musica indipendente Americana e fare da apri-pista a un genere divenuto poi icona dei primi anni 2000.

Un nuovo self-titled, “American Football” (che d’ora in poi chiameremo “LP2″) è ciò che il 2016 regala ai fans di una band entrata di diritto nella storia, la cui reunion nel 2014 per una serie di live sparsi per il globo aveva accesso non pochi cuori e speranze di rivederli assieme anche in studio. L’attacco di “Where Are We Now?”, del resto, sembra preparare proprio la scena descritta qui sopra,  con le classiche linee di chitarra e la voce di Mike Kinsella a dire che, si,    “we’ve been here before”. à‰ un nuovo inizio, ma anche il  fil rouge che crea continuità  con il passato, quasi come questi tre lustri e più non fossero mai passati.

La rara bellezza di “LP2” sta tutta nella non semplice assimilabilità . Non ci troviamo di fronte a un disco da ascoltare a cuore leggero. E’ un percorso  da assaporare, analizzare, riascoltare una, due, cento volte, cogliendone le sfumature più nascoste. La rabbia adolescenziale è divenuta quella di mezza età , ed è quasi buffo constatare le similitudini  tra le atmosfere di questo disco e quelle del più recente “The King Of Whys” di Owen  (recensito qui qualche mese fa).

Il singolo “I’ve Been So Lost For So Long” si erge ad autentica copertina di questo “LP2”, laddove la voce di Kinsella si staglia in un mare di chitarre e riverberi che si muove ordinato, ondeggiando verso riva. Lo scenario nel quale ci troviamo, dunque, è quello che ci è più famigliare quando si parla di  American Football, tra successioni di accordi mai banali e una poco lineare struttura ritmica che lascia ogni volta con le sopracciglia aggrottate. Ne sono conferma anche la malinconica “Home Is Where the Haunt Is” oppure “Born To Lose”, mentre “Give Me the Gun” ci  copre di oscurità  tra complicate ritmiche in levare e strutture armoniche di difficile replica. Che dire, poi, di “Desire Gets In the Way”, la cui anima jazz riporta alla mente le mai dimenticate increspature di “Never Meant”.

“LP2” è un disco adulto, perchè ascoltarlo è come riavvolgere un nastro lungo 17 anni e levare la parola “giovinezza” dall’equazione.. Si parla di amore, cuori spezzati, dolore, con la maledetta consapevolezza di non potersi rifugiare solo su un paio di note scritte in fretta oppure un drink (o due, forse tre”…). L’età  adulta presuppone una presa di coscienza e una maturità  d’azione diverse, sulle quali Mike Kinsella si sofferma più di una volta nelle sue dense liriche.

Come dar seguito a un capolavoro, allora? Ce lo spiegano  questi quattro eterni ragazzi dell’Illinois, che ci hanno insegnato a urlare al cielo rabbia e rancori. Dopo 17 anni sono ancora qui, con un disco che rappresenta l’essenza del fare un certo tipo di musica e del raccontare storie viste con un cuore che non è più adolescente. Come “LP2” verrà  assimilato dai fans della più recente ondata emo, sarà  curioso capirlo. Quel che è certo, è che c’è da chiudere gli occhi e lasciare che la puntina percorra il groove fino a consumarsi. “LP2” rappresenta un’altra pietra miliare, posata con cura da una band ““ American Football ““  che lascia un altro messaggio importante in eredità . Il tempo, prima o poi, si porta via tutto. Tanto vale viverlo, appieno.

Photographer Credit: Atiba Jefferson