#10) BLACK FOXXES
I’m Not Well
[Spinefarm Records / Universal]

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Una folgorazione. Li vidi aprire per i Nothing But Thieves a Marzo e mi hanno preso immediatamente. Suono essenziale, chitarre in feedback e una voce che ti spacca in due. Mi ricordano i Brand New ma sono ““ nella sostanza ““ qualcosa di completamente diverso da tutto. “I’m Not Well” è un must-listen, oltre che un pezzo da collezione tra i miei vinili. Meriterebbe un posto in cima a una speciale classifica per le copertine.

#9) MITSKY
Puberty 2

[Dead Oceans]

Non solo uno degli album emotivamente piຠpotenti dell’anno, ma forse la miglior espressione del 2016 quando si vuol trovare un’emblema di cantautorato indie/punk con voce femminile. La tensione emotiva portata da Mitski Miyawaki in questo disco è difficile da descrivere a parole. à‰ piຠsemplice portare la puntina all’inizio di una qualunque delle 11 tracce e lasciarsi trasportare.

#8) AMERICAN FOOTBALL
American Football (LP2)

[Polyvinyl / Wichita]

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Ero incerto se portare in classifica “The King Of Whys” di Mike Kinsella solista, aka Owen, che pure avrebbe meritato le luci della ribalta. Non ci ho messo molto, peró, a capire che American Football, LP2, è ““ nel mio cuore ““ uno dei dischi dell’anno. Dopo 17 anni di attesa, la nicchia di fans di questi progenitori dell’indie/emo si attendeva fuochi d’artificio. Ne è uscito un disco suonato in maniera subline e intriso di quella maturitá che si raggiunge una volta (abbondantemente) superata la gioventຠanagrafica. Impossibile non innamorarsene.

#7) INTO IT. OVER IT.
Standards
[Triple Crown]

Rimango in zona Chicago e scelgo Evan Thomas Weiss con il suo progetto Into it. Over it.. Questo musicista ha le palle quadre e la produzione musicale di cui si è reso protagonista nel tempo ne è prova tangibile. “Standards” è una delle produzioni che ho preferito quest’anno solare, instancabilmente sul mio giradischi in una sonnolenta Domenica pomeriggio o in una sera tardi d’estate. à‰ un disco per qualunque occasione.

#6) CAR SEAT HEADREST
Teens Of Denial
[Matador]

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Questo disco mi si è acceso dentro senza nemmeno avvertire. à‰ un concentrato di sfrontatezza ed elettricitá, forse l’esempio piຠcompiuto del do it yourself di cui mi piace parlare di norma. Citando Jacopo ““ che di questo disco ha brillantemente scritto la storia nella sua recensione ““ lo definisco una perla generazionale. Della quale si parlerá a lungo, ne sono certo.

#5) WEAVES
Weaves

[Memphis Industries]

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Vi sfido a rimanere seduti o sdraiati dove siete, una volta premuto start. Eclettismo e un pizzico di follia la fanno da padroni, in questo strabiliante debutto dei canadesi Weaves. Hanno tutto quello che serve: presenza scenica, una cantante che da sola tiene sul palmo platee intere e musicisti di qualitá incredibile. Una delle scoperte piຠbelle dell’anno.

#4) ANHONI
Hopelessness

[Secretly Canadian]

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La musica di Antony Hegarty ha sempre saputo conquistarmi, seppur a piccolo passi. “Hopelessness”, a differenza della precedente produzione firmata Antony and The Johnsons, mi è entrata nella testa e nel cuore da subito. La straordinaria voce di Antony è il paradigma di un album non semplice da assimilare, che si staglia sulla scena pop in maniera radicale e quasi definitiva. Non a caso è uno dei candidati che piຠdi altri avrebbe meritato il Mercury Prize.

#3) BEACH SLANG
A Loud Bash Of Teenage Feelings
[Polyvinyl / Big Scary Monsters]

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Posto d’onore per una band che sento un po’ “mia”. Punk/Rock semplice semplice, chitarre in prima fila e liriche che mi ricordano l’inquietudine e l’incertezza dei miei 15 anni. Beach Slang sono stati la mia infatuazione (musicale) più forte in questo 2016 e per qualità  in studio e dal vivo mi hanno letteralmente spiazzato. Un pugno al cuore, per davvero.

#2) BON IVER
22, A Million
[Jagjaguwar]

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Un disco che non necessita di presentazioni, nè di moine di sorta. à‰ una delle gemme di questo 2016, acclamato da fans, non-fans e critica intera, per la struggente melodia e articolata musicalitá intrise nella sua tela. Bon Iver ha saputo ““ con coraggio ““ reinventarsi in una veste leggermente diversa e piຠsperimentale. “22 A Million” è per me un porto sicuro al quale approdare in qualunque stato d’animo mi ritrovi.

#1) DAVID BOWIE
Blackstar
[Sony Music]

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Apprendere della scomparsa del Duca all’inizio dell’anno è stato uno dei momenti piຠbrutti di questi 12 mesi, terribili per quante celebri anime il destino si è portato via. “Blackstar” è, di diritto, il mio disco dell’anno. Per quelle stelle e quell’oscuritá che si trascina sulle spalle, per il bagaglio di emozioni e di ricordi che ha infuse nel mio animo, per aver rappresentato l’atto ultimo di un artista immenso. Non un testamento, come descritto a piຠriprese dalla critica, almeno a mio parere, ma un atto d’amore verso la vita e quel fato avverso e non poco bastardo, che ha scelto di far scorrere i titoli di coda in una fredda mattina di Gennaio.