LEGGI LA CLASSIFICA DI INDIEFORBUNNIES DEI MIGLIORI 50 DISCHI DEL 2016: posizioni #50 -> #26 / posizioni #25 -> #1
#10) TEMPELHOF & GIGI MASIN
Tsuki
[Hell Yeah Recordings]
Il secondo capitolo della collaborazione tra i due sfuggenti manipolatori elettronici Tempelhof ed il maestro veneto dell’ambient più celestiale perfeziona la formula già collaudata nel precedente “Hoshi”: in “Tsuki” si fondono armoniosamente psichedelia gentile e minimalismo etnico, kosmische lagunare e groove onirici. L’ascolto più accogliente, caldo e rilassante dell’anno.
#9) DENGUE DENGUE DENGUE
Enchufada
[Siete Raàces]
A distanza di tre anni dall’esordio “La Alianza Profana”, il duo peruviano confeziona l’ipotesi di bass-music più futuribile e credibile di tutto il 2016 giocando ad incastrare se non proprio gli opposti, ingredienti alquanto eterogenei: l’umidità avvolgente della Foresta Amazzonica incontra la frenesia del dancefloor e, tra rit(m)i misterici e atmosfere psicotrope, i Dengue Dengue Dengue realizzano così un vero capolavoro di sensualità e groove.
#8) JOLLY MARE
Mechanics
[Bastard Jazz / 42 Records]
Un disco che è un ponte tra l’Italia ed il mondo: perchè, se è vero, che in “Mechanics” non mancano mai i riferimenti all’italianità dell’autore (dalle citazioni morricaniane all’atmosfera sanremese del singolo “Hotel Riviera”), è altrettanto evidente che l’album, per i suoni pieni e mai banali, per la produzione ricca e sofisticata, aspira ad un pubblico internazionale: e, pure giustamente e meritatamente, non sono pochi ad essersene accorti (a partire dall’etichetta newyorchese Bastard Jazz).
#7) MARK PRITCHARD
Under The Sun
[Warp]
Soltanto un luminare dell’elettronica come Mark Pritchard, un maestro indiscusso e attivo dal principio degli anni novanta poteva comporre un disco così sospeso, così fuori dal tempo e dallo spazio: quasi settanta minuti in cui passato, presente e futuro si fondono per accogliere l’ascoltatore in un pianeta nuovo e futurista, synthetico e splendente.
#6) MACHWEO
Musica Da Festa
[Flying Kids Records]
Al secondo disco il giovanissimo producer Machweo si presenta con un concept assordo, ispirato all’eurodance più trash e provinciale: il risultato però spiazza consegnando all’ascoltatore un disco in cui convivono i synth analogici più visionari, un efficace senso per la melodia e un’atmosfera sempre giocosa. Un’opera che sposta un poco più in alto l’asticella dell’elettronica italiana.
#5) GAIKA
Security
[MIxpakl]
Forse è vero che il mixtape precedente, Machine, era una novità assoluta ed il recente ep “Spaghetto”, prima uscita ufficiale su Warp, contiene tutta la poetica, black ed industriale, quasi cyber-punk, del giovane Gaika: ma questo secondo lavoro “Security” è così meravigliosamente dopato e sensuale, così ambiziosamente ed insieme genuinamente imperfetto che non riesco assolutamente a smettere di ascoltarlo.
#4) BADBADNOTGOOD
IV
[Innovative Leisure Records]
Ribaltando il famoso adagio fascista, potremmo dire “molti amici, molto talento”: al quarto lavoro i canadesi BadBadNotGood possono vantare Kaytranada, Colin Stetson e Samuel Herring dei Future Islands tra gli ospiti di un disco che sa mischiare con assoluta leggiadria e imparagonabile perizia tecnica musica alta, jazz e sperimentazione con l’hip-hop, il soul, il funk più caldo e sincero.
#3) DAVID BOWIE
Blackstar
[Sony Music]
è già stato detto tantissimo ed anche alcuni dei miei colleghi sono riusciti a spendere parole azzeccate ed efficaci. David Bowie ha fatto della sua vita, persino della sua morte, arte e “Blackstar” è solo una parte, per quanto meravigliosa ed enorme, di un’installazione lucida e spietata, capace di lasciare tutti a bocca aperta.
#2) SHACKLETON WITH ERNESTO TOMASINI
Devotional Songs
[Honest Jon’s Records]
Inserito, più per una contingenza temporale che per altro, tra le file dei producer dubstep, l’inglese Shackleton si è sempre mostrato refrattario ad ogni definizione, lasciando che a definire il suo sound, così intenso e particolare, fossero le numerose e sempre affascinanti. Così “Devotional Songs”, con il fondamentale aiuto del cantante lirico Ernesto Tomasini, si avvicina al post-punk più gotico ed allucinato: sono quattro i brani in cui si dividono i quasi quaranti minuti di un viaggio esistenziale catartico e coinvolgente, quattro movimenti semplicemente indimenticabili.
#1) AUTECHRE
elseq 1-5
[Warp]
Non ero riuscito mai, precedentemente, ad entrare dentro le opere degli Autechre così intensamente, in maniera così totalizzante come è invece accaduto per i cinque ep che vanno a comporre elseq, nonostante questi ultimi possano forse dirsi l’approdo più avanzato di una poetica proseguita nel tempo, quasi dagli esordi. Le cinque facce di elseq riescono a contenere i temi cari ai due inglesi, dall’incomunicabilità all’intelligenza artificiale, dai suoni autogenerati alle geometrie cubiste, e a tradurli in un suono che, incomprensibilmente (ma non poteva essere altrimenti), è forse il più caldo, il più accogliente di tutta la discografia firmata Autechre: una specie di jazz-dub industriale completamente suonato da meccanismi automatizzati. Non solo il disco dell’anno 2016, ma pure quello dei prossimi millenni.