Un travolgente ritorno alle origini. Una tempesta perfetta.
Questo è “Blue and Lonesome”, l’ultimo e venticinquesimo disco di una delle band che il rock l’ha plasmato, reinventato, ribaltato e consumato: The Rolling Stones.
Mick Jagger, Keith Richards, Ronnie Wood e Charlie Watts propongono un album di cover riuscite in ogni loro sfumatura, mostrando come anche nel tornare indietro, nel riaffonare le radici nel proprio passato si possa in realtà andare avanti e aprire un nuovo orizzonte.
Nel disco si respira divertimento, passione e amicizia, si è sommersi da un blues rockeggiante puro e sporco, raffinato e aggressivo, sudato e al tempo stesso incredibilmente elegante.
Come sono gli Stones stessi, d’altra parte: di classe ma trasgressivi, con uno stile che nasce dai fumi intraprendenti delle strade londinesi ma che non è mai lasciato al caso o alla superficie. Sono sempre stati “i brutti, sporchi e cattivi” della scena britannica, fin dal lontano 1962. Eppure il loro suono è limpidamente coerente, e da sempre sgorga rude e dolce, emotivo e appassionato.
Ora come non mai. Con le sue dodici cover registrate in tre giorni nel dicembre 2015 a Londra, “Blue and Lonesome” mostra la dimestichezza con la materia black della band, che fin dai suoi albori ne è estimatrice e ne ha voluto condensare odori e sapori per trasformarla in un prodotto totalmente nuovo. Sono flussi di blues e rock’n’roll puri, senza arrangiamenti e pieni di riverberi e aria da live session, che si miscelano con l’intramontabile connubio estetico ed estatico dei Rolling Stones: voce strangolata e vibrante, chitarre che giocano e si anticipano, basso e batteria che si integrano e trascinano.
Si apre con “Just your fool” di un maestro del blues e dell’armonica quale Little Walter, autore anche di altre tre tracce e quindi dominatore dell’album: la title track “Blue and Lonesome”, “I gotta go” e “Hate to see you go”. La sorprendente assenza di Muddy Waters (dal cui classico il gruppo ha preso il proprio nome) viene parzialmente compensata dalle incursioni morbide e tranquillizzanti della chitarra di Eric Clapton in “Everybody knows about my good thing” di Little Johnny Taylor e in una suadente “I can’t quit you baby” di Willie Dixon. “Ride “‘em on down” di Eddie Taylor è diretta e potente come un pugno allo stomaco, “Hoo Doo Blues” di Lightnin’ Slim e una toccante “Little rain” di Jimmy Reed è dominata dallo scambio voce e armonica. La rampante “Just like I treat you” incisa da Howlin’ Wolf si accompagna un altro pezzo da lui cantato, “Commit a crime” e si affianca a “All of your love” di Magic Sam.
Un lavoro in studio che è omaggio a grandi uomini dalle potenti voci, a pilastri della musica come la conosciamo e come vogliamo sentirla suonata e respirata.
A fare carriera riescono in tanti, a sfidare se stessi per decenni e superarsi in pochi, a farlo mantenendo un entusiasmo creativo bambino e una voracità verso il palcoscenico immutata quasi nessuno. Ma loro sì.
“Blue and Lonesome” è un cerchio che si chiude, è il disco dove hanno inciso la loro vita e l’ancora definitiva della loro carriera. Una chimica fatta di magia sonora e sentimenti, il ritorno a casa di combattenti che imbracciando i loro strumenti hanno affrontato, e soggiogato, la storia.
Photo: Jim Pietryga / CC BY-SA