In questa seconda decade degli anni duemila associare il nome di quella lontana e sconfinata terra chiamata Australia con la neo-psichedelia, e per l’appunto con il suo revival, è immediato, e nell’immaginario di ogni ascoltatore essa indossa una veste sempre più esotica, che quasi costringe a chiederci quale magia abbia l’aria che si respira laggiù.
I King Gizzard & The Lizard Wizard aprono il 2017 con il nono disco in poco più di sette anni di attività , un bilancio veramente straordinario se si ascolta la lampante e soprattutto mai noiosa validità di ciascuno di essi.
In “Flying Microtonal Banana” i ragazzi di Melbourne si presentano e si congedano con il suono del vento, in mezzo la narrazione non perde un secondo di intensità , ci conduce passo passo nel fantastico mondo dell’ensamble australiano, da subito con “Rattlesnake”, sontuosa cavalcata incastrata tra le-solite-due-batterie e il basso, che costruiscono, in questo album più che mai, le fondamenta da dove i King Gizzard possono iniziare a creare una psichedelia mai sporca, mai pesante, mai ripetitiva. Le sonorità incantevolmente giocose che hanno contraddistinto il gruppo, in questo ultimo capitolo sembrano trasformarsi in una farsa luciferina, in una commedia acida che ricorda, almeno concettualmente, il grande Syd Barret e il suo circo demoniaco.
Ciò che sorprende è che non c’è una traccia che si abbassi sotto il livello delle altre, non c’è un episodio che non sia perfettamente dove deve essere, e l’azione ipnotica di “Melting”, la spaventosa ritualità allucinogena di Billabong Valley, le sonorità orientaleggianti della title-track, sono tutte canzoni che resteranno sicuramente nell’immaginario comune degli amanti dei King Gizzard & The Lizard Wizard.
I ragazzi di Melbourne regalano il loro ennesimo album a un panorama psichedelico che resiste, e alle volte sembra ancora fresco e nel pieno della propria espressione.
Photo: Jamie Wdziekonski