Siamo andati negli studi di Radio Rai, in via Asiago a Roma, per ascoltare l’anteprima di “A Thousand Skies”, il secondo album di Clap! Clap! in uscita il 17 Febbraio su Black Acre. L’occasione è la premiere riservata a Musicalbox, programma condotto da Raffaele Costantino, in onda su Radio 2 da lunedì a venerdì, dall’1 alle 2.
La presentazione del secondo LP di Cristiano Crisci si è svolta con una performance live di 25 minuti, in cui sono stati eseguiti una buona parte dei brani inediti. I singoli, tra cui “Hope” in featuring con la band berlinese OY, erano stati già lanciati tramite i canali ufficiali dell’artista negli scorsi giorni, destando già molta curiosità sul suo nuovo lavoro. “Nguwe” con il sudafricano Bongeziwe Mabandla e “Ar-Raqis” gli altri estratti. Lo stile di Clap! Clap! rimane sempre creativo ed estroso, come ha dimostrato il set che abbiamo ascoltato. Abbiamo anche avuto modo di discutere con lui, di questo e di molto altro, in una piacevole chiacchierata dopo li live.
Hai raggiunto uno stile unico e sei riuscito a diventare uno dei nomi più riconoscibili dell’elettronica moderna, ma ci sono sorprese e contaminazioni nuove anche in questo secondo album. Qual è stato il processo di realizzazione di “A Thousand Skies”?
Avendo una spiccata passione per il sampling, nel primo album avevo utilizzato field recordings della Siberia, della Mongolia e del Senegal, cercando sempre di trovare un elemento di rottura, qualcosa che mi ispirasse. In questo disco sono rimasto più vicino ai nostri territori, dalla Sardegna all’Abruzzo, dalle pietre sonore di Pinuccio Sciola ai canti, le filastrocche, i racconti delle nonne, da utilizzare e rendere parte integranti dei miei pezzi. Volevo che la mia ricerca in questo senso si concentrasse sul suolo italiano, prendesse qualcosa di tradizionale della nostra terra che potesse trasformarsi in innovativo. Per predisposizione è sempre stato uno spunto fondamentale, è un processo che parte da lì per poi coniugarsi alla mia ispirazione musicale. Ho voluto sfruttare a fondo questa parte un po’ nascosta del nostro Paese, sia musicalmente che come racconto, tradizione. In questo modo, pur mantenendo un filo continuo con il mio tipo di composizione, ho avuto un occhio di riguardo verso ciò che rappresentano le origini. La considero una scelta ben precisa verso qualcosa che è rimasto impopolare, sconosciuto, in contrasto con il frenetico e l’immediato in cui viviamo nei nostri giorni.
A proposito di immediatezza, sempre più spesso assistiamo ad una sorta di insofferenza da parte di appassionati e fruitori musicali, si perdona poco ogni scelta che non va a genio e ci si aspetta che gli artisti possano costantemente apportare novità senza mai fallire. Qual è il tuo approccio rispetto a questa tendenza?
Succede di frequente, sì, ma credo sia un discorso molto relativo. Rinnovarsi nella ricerca musicale è una cosa ciclica, che avviene naturalmente, come in tanti altri ambiti della nostra vita. Si ha bisogno di cambiare gusti, sapori, modo di vestirsi. Ma è anche vero che nella musica i confini sono sottili, è molto difficile realizzare un percorso che ti permetta questa solidità , che ti faccia accontentare sempre tutti. Aphex Twin, ad esempio, è rimasto molto fedele alle sue scelte e al suo stile durante la carriera, ed è spesso stato oggetto di critica per questo motivo, pur essendo noto per le sue grandi capacità . Quando uscì “Syro” si disse che nonostante fosse passato tanto tempo lui era rimasto inchiodato agli stessi suoni, alle stesse certezze, non c’era ricerca e voglia di stupire. Io invece l’ho amato, era qualcosa che mi mancava, percepivo che suonasse familiare e molto simile al passato ma questo non ha cambiato il mio giudizio, la mia voglia di ascoltarlo. Non è affatto facile, perchè il rischio di fare qualcosa che sappia di già sentito è molto alto, si può anche cadere nel vortice della normalità , venire affibbiati ad un genere e venire percepito uguale a tante altre cose. Si può nascere con un certo talento e una certa attitudine (come qualcuno che riesce a far parlare un pianoforte) ed essere facilitato da quella dote a spiccare in originalità , altre volte quell’ascendente devi cercarlo da solo, volerlo fortemente e farlo diventare un tuo habitat naturale, da cui muoverti. A me succede di avere idee molto diverse tra loro, ma sullo sfondo esiste una sorta di coerenza, una volontà estetica che rimane, che è quella che io ho voluto. Non esiste fondamentalmente una tecnica che ti renda infallibile, bisogna rimanere quanto più lucidi possibile ed essere molto critici con sè stessi, perfezionarsi sempre, volersi migliorare.
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