Si interrompe all’aeroporto di Seattle la sfortunata avventura americana dei pesaresi SOVIET SOVIET.
Il trio arrivava negli USA per esibirsi il prossimo 14 marzo al festival texano SXSW e per alcune date promozionali tra cui il mini-live per la nota stazione radiofonica KEXP.
Bloccata alla dogana la band è stata prima interrogata, schedata, condotta in cella per una notte e successivamente reimbarcata su un volo per l’Italia.
Nei minuti successivi alla diffusione della notizia, John Richardson di KEXP il primo a darla, in molti hanno pensato subito ad un altro effetto del criticato ‘muslim ban’ del nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump anche se il solo nome della band (di questi tempi chiamarsi SOVIET SOVIET e suonare nella terra di Trump potrebbe non essere il massimo), i ragazzi appunto non hanno provenienze o origini mussulmane, sembrava ragione poco credibile per tali provvedimenti.
Più probabile invece che tale, comunque incocepibile, trattamento sia dovuto a ragioni di permesso di soggiorno e relative norme applicate in questo caso con particolare rigiditezza.
I SOVIET SOVIET avrebbero dovuto esibirsi solo ed esclusivamente per ragioni promozionali senza quindi ricevere nessun compenso motivo per il quale, per accedere negli States e suonare, basta una semplice ESTA.
Ad insospettire gli agenti di dogana sono state invece, in particolare, due date nelle quali i pesaresi avrebbero dovuto codividere il palco con altre band e per le quali i rispettivi locali avevano deciso di inserire un ingresso a pagamento.
Biglietto alla cassa = compenso per la band.
Questo deve essere stata la basilare equazione tirata fuori negli uffici doganali. Da qui la necessità di presentare regolare permesso di soggiorno documento che ovviamente la band non possedeva.
Questo il comunicato ufficiale con il quale la band ci spiega esattamente come siano andate le cose: