A distanza di poco tempo dall’uscita di “Skin”, album che seguiva il cospicuo successo dei recenti exploit di Flume (e che rappresentava il secondo capitolo dopo il debutto con il self-titled LP del 2012), l’artista australiano ha messo in serie due EP di caratura molto elevata in rapida successione. A Novembre, la prima parte di “Skin Companion” aveva sorpreso positivamente, dando modo di vedere che la qualità del prodotto, pur in solo quattro tracce, fosse veramente rimasta su livelli superiori alla media (e facendo anche storcere il naso per la scelta di non aver incluso i suddetti pezzi nell’album, che non aveva convinto pienamente).
Con il secondo EP, il nuovo follow-up di Skin risulta ancora una volta migliore dell’opera completa, che mancava del mordente riscontrabile nei companions usciti successivamente. Altre quattro tracce, tutte interessanti per motivi diversi, che non avrebbero certo sfigurato nell’LP dal quale sono state – probabilmente – lasciate fuori, ma che ne avrebbero anzi puntellato le fondamenta. Tre dei brani sono resi ancora più interessanti dai featuring, nomi di spessore (Pusha T, Moses Sumney e Dave Bayley, frontman dei Glass Animals) le quali voci si fondono nell’impianto future bass e glitch pop del neo premiato ai Grammy Awards, riuscendo in trame semplici quanto egregiamente realizzate in materia sonora. Il grime di “Enough” trova un filo conduttore con le produzioni più dubstep-oriented del suo passato, mentre Weekend è una piacevole ballata dai contorni dolci e caratteristici, che attirano per il vigore e la freschezza.
“Dept Charge” e “Fantastic” sono i picchi più alti del Flume pensiero, quello più amato e riconosciuto, che è in grado di trovare sorprendenti rifiniture di un’elettronica fatta a sua misura, mai banale e canonica in senso stretto. La voce di Dave Bayley in “Fantastic” fa il resto, dando vita ad uno spaccato ancora più interessante e intraprendente di pop moderno che non è esente da imitazioni, ma che nella sua veste originale è impareggiabile. “Skin Companion II” è quello che ci aspettiamo da un artista dalle doti di Flume, con virate poderose verso un modello che lo rappresenta e che aveva forse lasciato in un angolo, sopito dalla più ghiotta occasione di creare un prodotto omogeneo e appariscente come Skin, da cui si allontana progressivamente con questa doppia release che sembrano piccoli – fortissimi – album in versione ridotta.
Credit Foto: Eric Chakeen