Ho avuto la fortuna di vedere dal vivo un numero di concerti piuttosto cospicuo. Sarò sincero: serata dopo serata sta diventando un po’ complicato ricordare proprio tutto e tutti. Ci sono alcuni live, peró, che rimangono dentro, tutti con la stessa immagine di sfondo. Quella che mi ritrae, occhi fissi sul palco e con lo sguardo a fissare un punto imprecisato, a voler essere precisi. Esattamente ciò che mi è accaduto anche in una serata di metà Aprile, con Bryde sul palco della Camden Assembly, nel cuore di Londra.
Luci blu si adagiano sul palcoscenico, proprio mentre – immancabile pinta in mano – mi avvicino per ascoltare Little Ràªd, supporting act della serata. Ellie James è una voce a me già nota. Suona un indie pop raffinato e minimalistico, accompagnata per l’occasione dal “suo” tastierista Oliver. Un paio di pezzi pescati tra la sua recente produzione, il singolo “Hell” e una deliziosa cover di “Cloudbusting” (Kate Bush) – tra le altre – sono la spina dorsale di un set che scorre via leggero. Sa il fatto suo, Little Ràªd, e si esibisce con personalità .
Bryde – Sarah Howells all’anagrafe – sale sul palco con lasua band e attacca con la mozzafiato “Wouldn’t That Make You Feel Good?”. L’avvio è a dir poco pazzesco, e apre a una setlist densa di tutti i migliori singoli rilasciati dalla cantautrice gallese, inclusi i capitoli degli EP rilasciati finora. Bryde è virtuosa alla chitarra e “tiene” il palco con una naturalezza che si vede soltanto di rado. “Handstands” e la pungente “Honey” accendono finalmente la miccia e non mi rimane che chiudere gli occhi e farmi trasportare dall’onda elettrica.
Giusto a metà set, Bryde inanella “Spectator”, “To Be Loved”, “Help Yourself” e “Wait”. Prima del finale, che si concretizza con “Oh Tender” (dal suo “Chocolate Factory Session”) e “To Be Brave”, le quali fanno calare il sipario. Non è abbastanza, tuttavia, tanto più che l’atmosfera tra i muri della Camden Assembly è ancora piena di elettricità .
Manca il colpo di magia. Bryde torna sul palco – chitarra acustica a tracolla – e scende immediatamente tra la folla. Esegue una versione unplugged di “Back To Believing” che mi apre in due, mostrandomi un nuovo lato di questa cantautrice, stavolta sotto una lente diversa, in veste di una rocker delicata e fragile, una volta “disarmata” del suo microfono e della sua chitarra elettrica.
Finisce tutto cosà, tra occhi sbarrati e cuori a mille. Sarah Howells è un’artista genuina, che ti prende per mano e ti guida attraverso il suo mondo, fatto di chitarre distorte e liriche immaginifiche. à‰ quello che, da queste parti, definiscono “the real thing”. Perchè fa bene all’anima e anche al cuore.