Suoni ipnotici, storpiati, elettrizzati, mescolati. Volutamente psichedelici, rotatori, ritornanti.
Questo è lo stile Julie’s Haircut, gruppo emiliano che rappresenta in pratica un unicum nel panorama musicale italiano. Forse poco compresi, forse poco comprensibili, sta di fatto che sono sempre rimasti un caso più o meno a sè stante nelle loro scelte stilistiche. Ne è la prova la pubblicazione estera (con la britannica Rocket Recordings) del loro ultimo e settimo disco, “Invocation And Ritual Dance Of My Demon Twin”.
Scovare le canzoni dentro le improvvisazioni, questo è quello che i Julie’s Haircut fanno da qualche album a questa parte hanno fatto della ricerca e della sperimentazione il proprio costante baluardo. Ne è prova la costruzione dell’album, avvenuta proprio attraverso libere interpretazioni e cascate sonore successivamente rielaborate e assembrate.
“Zukunft”, futuro in tedesco, è il titolo della prima lunga traccia strumentale, un vortice al tempo stesso costante e imprevedibile, un vero acquazzone sonoro primaverile. Si crea così il clima perfetto per accedere al resto dell’album, si manifesta in modo chiaro l’esperienza, la via e le intenzioni dei cinque musicisti. Ne conseguono così l’inquietante “The Fire Sermon”, demonizzata dalle chitarre elettriche e dalla voce rielaborata e “Orpheus Rising” trascina fuori dalle fiamme infernali, dalle colate laviche improvvise, spiazzanti e sintetizzate. “Deluge”, “Salting Traces”, “Cycles”, il primo psichedelico singolo “Gathering Light” e l’ultima traccia “Koan” non fanno che confermare le peculiarità della band, al tempo stesso capace di essere tortuosa e avviluppante, gelida e incandescente, spiazzante ed estenuantemente ripetitiva.
Come l’ombra gemella della loro immagine di luce, la band esplora il proprio ““ e nostro – lato oscuro: reiterato, incantatore e in costante, psicotico contrasto.
Credit Foto: Erik Messori